by Sergio Segio | 22 Dicembre 2012 8:44
PARIGI — Nella sua bella casa vicino al parco, qualche giorno dopo essere stato ricevuto all’Eliseo, il professor Didier Sicard racconta con un sorriso: «Oh sì, Franà§ois Hollande mi ha ascoltato, per un’ora intera, con estrema attenzione. Ma qualsiasi cosa gli avessi detto non aveva grande importanza, perché tanto aveva già deciso». Deciso di presentare una nuova legge sulla fine vita e sull’eutanasia, nonostante il professore raccomandasse il contrario.
Nel luglio scorso il presidente della Repubblica francese ha affidato al 75enne Sicard, grande medico e docente, già presidente del Comitato consultivo nazionale di etica, il compito di redigere un rapporto sul fine vita, in modo da mantenere la numero 21 delle sue 60 promesse pre-elettorali.
«Da allora io e i miei collaboratori abbiamo viaggiato in tutta la Francia, negli ospedali, dalle città di provincia del Sud alle banlieue parigine, dalla Svizzera al Benelux, per provare a capire la realtà senza curarci delle ideologie». E la realtà ha suggerito al professor Sicard che già oggi i medici francesi hanno i mezzi legali sufficienti per accorciare le sofferenze dei malati terminali ed evitare l’accanimento terapeutico. È questo il senso del rapporto che martedì mattina Sicard ha consegnato a Hollande.
«La legge Leonetti è completamente ignorata ma garantirebbe già quel che giustamente chiedono i pazienti terminali e i loro familiari: la possibilità di cure palliative che allevino il dolore, e anche il diritto di morire con dignità , senza prolungare inutilmente l’agonia anzi abbreviandola. Il mio rapporto sottolinea che la via migliore per trattare la questione è la sedazione profonda e finale, che è cosa diversa dal suicidio assistito e dall’eutanasia. A mio avviso è la risposta migliore al paziente terminale che dice “voglio morire, ma non voglio essere ucciso”». Il professor Sicard era stato scelto da Hollande perché ha un percorso singolare: protestante, credente, nel 2000, quando era presidente del Comitato consultivo nazionale di etica, si era smarcato dal consenso anti-eutanasia evocando alcune possibili eccezioni.
«Ho il profilo di una persona distante sia da quanti ripetono in modo meccanico “difesa della vita”, sia dalle associazioni che militano per il “diritto di morire”. E il mio rapporto lo dimostra. L’ideologia, piuttosto, sta al governo». Perché una legge sull’eutanasia è pericolosa? «Perché risponde all’illusione di dare una risposta unica a casi diversissimi. La vicenda di un essere umano in condizioni di grave sofferenza rischia di venire burocratizzata, ridotta a un insieme di protocolli, alla fine dei quali il paziente sa che morirà , per esempio, il 28 gennaio alle 15, grazie all’iniezione brutale di un medico. Lo trovo inaccettabile e non per motivi religiosi. La sedazione profonda è un’altra cosa: significa accompagnare la persona dolcemente fino alla morte, che sopraggiunge di solito al massimo nel giro di 24 ore, senza sofferenza, quando il paziente stesso, i medici e i familiari capiscono che è arrivato il momento».
Sicard è critico nei confronti di Hollande e del suo governo. «Accanto al presidente ci sono cinque ministri, e cioè il premier Ayrault, Valls (Interno), Taubira (Giustizia), Fabius (Esteri) e Touraine (Sanità ) che vogliono, a ogni costo, una legge. Un po’ per motivi politici, per esempio credo che la ministra della Sanità abbia l’ambizione di lasciare ai francesi una “legge Touraine”, con il suo nome. E un po’ per motivi culturali legati sia alla storia della Francia sia a questi tempi». Cioè? «La Francia è uno strano Paese, in perenne rivoluzione, che pone la questione in termini di libertà — e solitudine — degli individui, mentre dovremmo pensare la questione in termini solidali». Questo sul fondo. E che cosa rimprovera al clima attuale? «La pretesa di dimostrare che c’è il progresso realizzato, che arriveremo ad approdi inevitabili — per esempio l’eutanasia o l’utero in affitto — grazie al governo ispirato ai Lumi. Io ripeterò che non sono d’accordo. Per ragioni pragmatiche, e non certo perché mi senta reazionario o imbrigliato dalla religione o dal Vaticano».
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