«Monti sleale e archiviato»

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Al termine dell’assemblea nazionale di Sel Nichi Vendola continua a cannoneggiare l’ombra di Mario Monti che non ha ancora detto un sì o un no alla propria candidatura. In attesa del vaticinio, Vendola ribadisce una convinzione già  ben frequentata nel centrosinistra: «Se si candida direttamente oppure solo con il suo nome, quello di Monti è un capolavoro di slealtà ». Perchè è uno schiaffo a Napolitano e all’intera operazione del governo tecnico imbastita con cura dal presidente della Repubblica nell’ultimo anno, ma soprattutto perché rivela l’«innaturalità » della maggioranza Pd e Pdl che ha sostenuto il governo tecnico e «ha messo in fila una serie di pessimi risultati». «Monti è già  sceso in campo nel recinto del popolarismo europeo – ha continuato Vendola – e si candida ad essere punto di riferimento di un blocco conservatore che ha rotto con la destra e ha la natura di un blocco liberista».
Quello del leader di Sel è un tentativo di perimetrare l’arena di un centrosinistra dove maturano le inquietudini di un voto che potrebbe portare Bersani a Palazzo Chigi nel segno di una continuità  più volte ribadita con l’agenda Monti. Per sganciarsi, Vendola prova a ribaltare il tavolo almeno dal punto di vista lessicale. «Finisce un’esperienza fondata su un’austerity che ha portato spinte recessive e lacerato la coesione sociale». E poi precisa: «Monti è archiviato. Per me ora vale l’agenda Bersani». Sel si candida ad «arricchirla» con i temi di una politica anticrisi, il sostegno al lavoro, ai giovani, alla cultura, alla scuola pubblica e alla ricerca. Obiettivi ancora piuttosto vaghi (quale sarà , ad esempio, il destino della riforma Fornero: abolita o emendata? E quella Gelmini?), ma utili per attestarsi sulla linea maginot tracciata da Bersani. Dopo il sostegno al governo tecnico, «leale» per il Pd ma indigeribile per Sel, ora si volta pagina verso una politica «riformista e progressista».
Una pista che Vendola intende percorrere in nome della questione sociale e dei diritti civili, sperando che il «quarto polo» degli arancioni e di Cambiare si può accetti un dialogo su temi che sono stati discussi, e variamente emendati, anche ieri al teatro Quirino. Il messaggio è diretto al candidato arancione in pectore Antonio Ingroia: «Alla sua richiesta di una relazione più forte tra politica e società  bisogna rispondere positivamente – sostiene Vendola – Per questo auspico un’interlocuzione con lui, ma spetta a Bersani che ha vinto le primarie sciogliere questo nodo. Se Bersani lo farà , farà  bene».
Vendola rinnova così la sua strategia dell’attenzione rispetto ad un polo che si sta aggregando contro l’agenda Monti e in netta discontinuità  rispetto al centrosinistra e le politiche neo-liberiste. La risposta di Bersani è stata affidata al responsabile lavoro Pd Stefano Fassina: le porte restano chiuse. Si procede sulla strada dell’economia sociale di mercato. Il dialogo resta condizionato ad un conflitto che segnerà  la prossima legislatura. Anche perchè la risposta di Ingroia a Fassina non è stata affatto tenera.
Sel tira dritto e ieri ha proposto un listino protetto di 23 candidati alle elezioni. La lista è composta dai dirigenti nazionali di Sel (Di Salvo, Ferrara, Boccadutri, Fratoianni, Smeriglio, Migliore, Fava, Cerutti, De Petris, Francescato, Forgione e Maria Luisa Boccia) e da indipendenti come Laura Boldrini, portavoce Onu sui rifugiati; Giulio Marcon, portavoce di «Sbilanciamoci»; il rettore dell’università  di Foggia Giulio Volpe; Giorgio Airaudo della Fiom e Giovanni Barozzino, uno degli operai Fiom della Fiat di Melfi, licenziati da Marchionne dopo il referendum su Fabbrica Italia; il segretario Fnsi Roberto Natale e Ida Dominjanni, giornalista per trent’anni de il manifesto e filosofa femminista. Ci sono Pape Diaw della comunità  senegalese di Firenze, Monica Frassoni dei Verdi europei, l’attivista femminista e anti-mafia Celeste Costantino. Giuliana Sgrena, giornalista de il manifesto, è candidata alle primarie per i parlamentari previste il 29 e 30 dicembre.


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