«Meeting, conti truccati» Scatta il maxisequestro

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La procura della città  romagnola ipotizza la truffa aggravata perché negli anni 2009 e 2010 «avrebbero indotto in errore vari soggetti pubblici attraverso artifizi e raggiri». Fra questi il ministero dei Beni culturali che nel biennio ha versato al Meeting 100 mila euro, la Regione Emilia Romagna (80 mila), l’agenzia di marketing turistico della provincia di Rimini (80 mila) e la locale Camera di Commercio (50 mila). In tutto fa 310 mila euro, cifra che non impressiona ma che per il gip romagnolo Stefania Di Rienzo è stata sufficiente a decretare il sequestro della sede della Fondazione, anch’essa denunciata per truffa ai danni dello Stato. Il caso ha infatti voluto che il valore catastale dell’edificio fosse quasi pari alla somma contestata: 311 mila euro. Il giudice, su richiesta del pm, ha disposto anche il blocco beni immobili e disponibilità  finanziarie dei tre indagati, responsabili in solido dell’ipotetica truffa, per un importo di circa un milione di euro. Il meccanismo del raggiro, raccontato nelle 20 pagine del provvedimento, ruota attorno alla condizione minima e indispensabile prevista dal legislatore, secondo la quale in questi casi gli enti pubblici possono sostenere finanziariamente solo realtà  senza fini di lucro e con bilanci in perdita. Al punto che nessun contributo è previsto neppure quando i conti di fine esercizio risultano in pareggio. Per assicurarsi i fondi, la Fondazione ha dovuto ritoccare al ribasso il bilancio fino a sconfinare nel «rosso».
La pietra miliare dell’indagine, partita un anno fa, è il rapporto del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Rimini, dal quale emerge la rete dei rapporti con le società  controllate utilizzate a questo fine e caratterizzate dal comune riferimento culturale del movimento di Comunione e Liberazione. Da una parte, per l’abbattimento degli incassi, sarebbe stato utilizzato «un contratto in percentuali variabili» con la società  Evidentia srl, partecipata al 100% dalla Fondazione, intermediario con gli imprenditori per le sponsorizzazioni del Meeting. Evidentia avrebbe consentito di tarare gli introiti sulle esigenze di «perdita» della Fondazione stessa. Dall’altra, per far lievitare i costi, sarebbero state coinvolte invece realtà  direttamente collegate alla Compagnia delle Opere, il braccio industriale e finanziario di Comunione e Liberazione voluto dal fondatore, don Giussani. In questo caso vengono contestati 120 mila euro di pubblicità  gonfiata versati dalla «Meeting» alla Cdonet per la raccolta pubblicitaria sul mensile Cdo. «Il doppio rispetto a quanto avrebbero pagato i normali inserzionisti». Per la Compagnia delle Opere, che liquida l’accusa come infondata, si tratta di una falsità : «Il Meeting ha pagato le prestazioni richieste al valore dei prezzi di listino».
Andrea Pasqualetto


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