L’ITALIA MODERATA

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È svanita presto l’illusione di un rapido dissolversi dell’aggregazione berlusconiana. Altro che Popolo della Libertà : al primo richiamo all’ordine hanno abbandonato residue illusioni di autonomia l’ umiliato e succube Angelino Alfano, l’ormai sbiadito Quagliariello, l’ineffabile Cicchitto, l’intramontabile Gasparri e altri personaggi buoni solo per le imitazioni di Maurizio Crozza e di Neri Marcoré. Hanno ripreso fiato le cricche che innervavano il “sistema” coordinato da Denis Verdini ed esulta Daniela Santanché.
Questa è la destra smoderata del nostro Paese: in caduta libera, sembrerebbe, ma forse ove la Lega si accodasse, e grazie alle perverse alchimie del Porcellum – capace comunque di intralciare un governo limpidamente alternativo. Di questo si discuteva sino a domenica scorsa, su questo si intrecciavano conteggi e ipotesi che talora rimuovevano non solo il “fattore Grillo” ma anche un’astensione giunta in Sicilia al 53%. E sembravano considerare irrilevante quella ampia parte degli elettori che avevano creduto nell’illusionismo berlusconiano ed ora sono fortemente esposti alle differenti pulsioni del disincanto conservatore, del rancore, dell’arroccamento nel “particulare”.
Anche a questi elettori – poco disposti a dare credito al Centro attuale o al Centrosinistra -Monti si è rivolto di fatto nella sua conferenza stampa, contrastando in modo aperto la disperata voglia di rivincita del padrone di Mediaset (e della Rai, talora sembrerebbe). Opponendo la propria autorevolezza e la propria “pedagogia” ad una lettura del nostro recente passato falsificata sino al grottesco. Lo ha fatto con grande generosità  (altro gli poteva suggerire, naturalmente, la “convenienza personale”) e in piena coerenza: quasi vent’anni fa, ad esempio, al primo profilarsi della discesa in campo e delle fantasmagoriche promesse di Berlusconi, Monti aveva segnalato con forza la “irresponsabilità  finanziaria” e la “demagogia” di chi proponeva grandi riduzioni delle tasse senza indicare “il profilo di contenimento della spesa pubblica” e “le voci di spesa che si vogliono contenere” (
Questione fiscale tra voto e rigore,
Corriere della Sera, 5 gennaio 1994). Al tempo stesso Monti appare più credibile – e più sensibile – dei partiti esistenti nel porre in agenda alcune misure chiare e nette di riforma della politica e di “drastica riduzione” dei suoi costi. Ed è stato credibile e realista anche nella sua iniziale incertezza, che è sembrata a molti un punto debole. Ogni ipotesi di riforma sarebbe infatti impraticabile se non vi fossero al Centro forze ben più ampie delle attuali, e ben più svincolate dall’eredità  deleteria di una “partitocrazia senza partiti” precocemente invecchiata. Sarebbe altrettanto impraticabile, infine, se il centrosinistra – soggetto decisivo del mutamento possibile – facesse prevalere il fuoco di sbarramento sulla capacità  di dialogare in modo costruttivo con l’idea di società  e con la cultura di governo che connotano la proposta di Monti. Questo è invece il terreno centrale: indubbiamente infatti molti limiti nell’azione del suo governo non sono dipesi solo dal fortissimo condizionamento del centrodestra o dalla drammatica emergenza con cui si misurava. Spesso quei limiti rimandavano alla forte sottovalutazione della necessaria equità  sociale (o ad un’idea riduttiva e limitata di essa), e forse anche ad una visione algida dell’economia: una visione che prescinde dall’importanza delle speranze e delle passioni, cioè dalla necessità  di un vero “moto di popolo” per avviare una Ricostruzione reale. O dalla necessità  di considerare assolutamente irrinunciabili i diritti, e fondamentali gli atti simbolici che si compiono, o non si compiono, in questa direzione: chi si candida a riformare il Paese non può accettare di prender la parola in una fabbrica da cui è escluso il principale sindacato italiano.
Per queste ragioni sarà  importantissima la risposta che verrà  dal Pd, dopo l’iniziale incertezza: sarà  decisiva la sua capacità  di proporre in positivo un superamento convincente dell’Agenda Monti. E naturalmente di corroborarlo con il proprio rinnovamento e con una franca vittoria elettorale: due elementi strettamente connessi.


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