«Fiscal cliff», pronto nuovo piano di Obama

by Sergio Segio | 28 Dicembre 2012 9:30

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Obama ha interrotto le vacanze alle Hawaii e, lasciate moglie e figlie, è tornato a Washington nell’ultimo tentativo di evitare il baratro fiscale in cui rischiano di precipitare le classi meno abbienti del Paese una volta che il primo gennaio scadrà  tutta una serie di agevolazioni fiscali. È arrivato alla Casa Bianca alle 18 (ora italiana) e non ha risposto alle domande dei giornalisti. I parlamentari del Congresso sembrano aver respinto ogni ipotesi di compromesso dopo lo scontro fra il leader democratico al Senato, Harry Reid e i repubblicani, accusati di aver provocato lo stallo.
Il filo si era interrotto il 21 dicembre, quando il leader dei repubblicani alla Camera, John Boehner aveva dovuto ritirare la sua proposta («il piano B») semplicemente perché i suoi compagni di partito non l’avrebbero votata. La misura top, in quel caso, era un (leggero) aumento delle tasse per le famiglie con un reddito annuale superiore al milione di dollari. Il fatto è che il «fiscal cliff» è un puzzle che somma le politiche degli ultimi trent’anni, compresa la presidenza di Ronald Reagan. C’è da una parte l’idea liberista (e repubblicana): la fascia più ricca della popolazione è quella che produce reddito e posti di lavoro e dunque va agevolata, non certo colpita da imposte pesanti. Le risorse vanno cercate tagliando la spesa pubblica, soprattutto lo stato sociale. Dall’altra c’è la concezione più redistributiva (e quindi dei democratici): occorrono risorse fiscali da prelevare sui redditi più cospicui per sostenere i disoccupati e lo stato sociale (pensioni, assistenza medica per anziani e poveri). Una frattura insanabile da 18 mesi, perché ciascun campo chiede di intervenire pesantemente nella base sociale di sostegno dell’altro.
Senza un”intesa, due milioni di americani rischiano di restare senza sussidi di disoccupazione e la payroll tax, la tassa sui salari, crescerebbe di due punti. Il Dipartimento del Tesoro americano sta preparando misure «straordinarie» per evitare che il debito pubblico superi il massimale di 16.394 miliardi di dollari, livello che può precipitare gli Usa nel default.

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