L’esercito onnipotente di Morsi

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IL CAIRO. La strada che conduce a Mohandessin, quartiere commerciale del centro del Cairo e sede principale delle opposizioni liberali e socialiste, è piena di graffiti. «Il sangue della Fratellanza», si legge in un rosso acceso da un lato, mentre dal fronte opposto si moltiplicano i simboli degli Ultras della squadra di calcio dell’Ahly. Il cielo è cupo e anche l’indole degli egiziani. I Fratelli musulmani, nei cinque mesi al potere, stanno tentando di controllare scientificamente la vita di questa gente. Ma hanno dovuto posticipare molti dei provvedimenti che stravolgono le abitudini di milioni di egiziani.
Se hanno disposto la cancellazione dei graffiti rivoluzionari dalle strade del centro, le gigantografie di un militare che tiene in braccio un bambino sono ancora dappertutto al Cairo. E il potere di arrestare chiunque, assicurato ai militari fino a sabato prossimo, quando si terranno le operazioni di voto del contestassimo referendum costituzionale, chiarisce perché sospetto e preoccupazione si leggano nei volti degli egiziani.
Domenica mattina, lo spazio aereo del Cairo è stato chiuso per alcune ore, e tutti i voli civili hanno subito enormi ritardi, mentre gli F16 dell’aeronautica militare effettuavano esercitazioni a bassa quota. Una manovra intimidatoria che l’ex presidente, Hosni Mubarak, aveva usato solo qualche giorno prima di dare le dimissioni, l’11 febbraio 2011. In questo clima, Amnesty International ha espresso «preoccupazione» per il riconoscimento di poteri speciali all’esercito. «Abbiamo visto come hanno trattato i detenuti e come li hanno processati in tribunali militari», ha detto Mohammed Lotfy, rappresentante dell’ong al Cairo. Lofty ha sottolineato come «il codice penale egiziano limiti la libertà  di espressione, gli scioperi e la libertà  di assembramento. Questo, collegato con il recente decreto presidenziale, consente al pubblico ministero di mettere le persone in detenzione preventiva per un massimo di sei mesi» senza accuse certe, ha spiegato l’attivista.
Tra i controversi provvedimenti, voluti dai Fratelli musulmani, che Morsi ha deciso di posticipare in attesa del risultato del referendum, c’è la legge che impone la chiusura di negozi e mercati entro le ore 22. Così come Morsi ha deciso di rinviare il più volte annunciato aumento dei prezzi di beni di consumo, inclusi alcol e sigarette, e delle tasse. «L’aumento dei prezzi in questo contesto sarebbe irragionevole», ha spiegato Yasser Ali, portavoce del presidente Morsi. Nel frattempo gli affitti sono sensibilmente aumentati al Cairo, mentre centinaia di rifugiati siriani, che hanno ripiegato in Egitto dopo lo scoppio della crisi a Damasco, stanno acquistando ovunque case a prezzi più alti di quelli di mercato.
D’altra parte, la decisione del presidente Morsi di annullare il decreto del 22 novembre scorso che ampliava i suoi poteri non è servita a calmare le acque. Anzi, alla nuova e inappellabile dichiarazione costituzionale, le opposizioni hanno risposto indicendo per oggi una grandissima manifestazione di protesta.
Il Fronte di salvezza nazionale, cartello che unisce liberali, socialisti e nasseristi, non si è ancora espresso per il boicottaggio del voto. Ma continua a chiedere il rinvio del referendum costituzionale. Secondo una nota delle opposizioni, «Morsi ha ignorato totalmente le domande dei manifestanti». Non solo, «ha limitato il lavoro di giornalisti e di giudici. Fare un referendum ora – prosegue il comunicato – vorrebbe dire spingere il paese verso un’ondata di violenze».
Ma alla manifestazione di oggi prenderanno parte anche i sostenitori dei Fratelli musulmani. Il loro corteo al Cairo partirà  dalla moschea Al-Rashdan del quartiere Medinat Nassr. E non è detto che manifestanti di fronti opposti non si scontrino di nuovo per le vie di questa città  immensa e nelle province egiziane.
La difesa della Costituzione, voluta, scritta e ratificata dagli islamisti con nodi sui rapporti tra stato e moschee, le funzioni dei militari, i diritti sociali è stata trasformata dai Fratelli musulmani in una guerra di tutti contro tutto. E l’Egitto vive sospeso tra divisioni e caos in attesa del peggio, che un istante più tardi si trasforma in nuova possibilità .


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