Legge elettorale, l’intesa salta sul premio di maggioranza

by Sergio Segio | 5 Dicembre 2012 7:23

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ROMA — Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello sperano ancora di raggiungere un’intesa con il Pd sulla legge elettorale, ma ieri a Palazzo Madama anche i sordi hanno capito che Berlusconi non vuole nuove regole per il voto perché gli vanno benissimo quelle del «Porcellum», magari con l’«election day» e con un decreto sull’incandidabilità  dei condannati più soft di quello scritto dal governo. E così anche l’instancabile Calderoli (Lega) ha liquidato il suo tentativo di mediazione: «Posso salvare un ferito ma non un morto, rinuncio all’accanimento terapeutico». Poi, in serata, Pd e Pdl hanno riunito i rispettivi gruppi formalizzando la rottura quasi definitiva della maggioranza anche se, per tutta la giornata, il sottosegretario Giampaolo D’Andrea aveva auspicato l’approvazione della riforma elettorale.
Risultato: la I Commissione del Senato è piombata nel caos (non c’è ancora un testo) per cui il dibattito fissato in Aula per oggi slitta sine die. C’è stata anche una inspiegabile spaccatura tra Lega e Pdl quando Calderoli ha proposto una norma che avrebbe reso tecnicamente possibile l’election day a marzo o ad aprile: «I pagliacci stanno al Circo, non in Parlamento», ha detto il leghista ai colleghi del Pdl. «Siamo legati a un filo sottilissimo», ha sillabato il presidente della I Commissione Carlo Vizzini.
I motivi di scontro sono sostanziali: le preferenze (votate da Pdl, Lega e Udc) non sono gradite da Berlusconi che preferisce le liste bloccate del «Porcellum». Il tetto di 80 mila euro di spesa per ogni candidato proposto dal Pd non convince l’intero Pdl. E non c’è più l’intesa sul premio al primo partito qualora la coalizione vincente non sfondi il tetto del 40% necessario per conquistare il premio di maggioranza. Pdl, Pd, Calderoli e Vizzini avevano trovato l’intesa sul cosiddetto «ascensore»: 32 seggi in più al primo partito che prende il 25% dei voti, 53 in più con il 30%, 70 con il 39%). Ma ieri Quagliariello ha fatto capire che l’offerta del Pdl era un’altra: 50 deputati come premio fisso per il primo partito che si posiziona tra il 25% e il 39%. Prendere o lasciare. A quel punto si è scatenata la guerra: «Non potete far saltare tutto per un pugno di seggi», ha attaccato il Pdl. Ma nel Pd Anna Finocchiaro, Luigi Zanda e Stefano Ceccanti hanno accusato il Pdl di cambiare le carte in tavola: «Perché utilizzando il metodo di calcolo del premio di maggioranza su tutti i voti validi si favorisce la nascita di mille partitini che renderanno ingovernabile la coalizione che vince».
Oggi al Senato è prevista una giornata di passione. Ma per sapere come finirà  bisognerà  attendere il vertice convocato da Berlusconi che oggi manderà  al governo l’ultimo avviso in vista del Consiglio dei ministri di domani: election day il 10 febbraio o, magari, il 10 marzo senza il Lazio (Bersani ieri ha detto di essere nettamente contrario all’accorpamento di politiche e regionali), e soluzione soft sull’incandidabilità  e la decadenza dei condannati a pene superiori ai 4 anni.

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