Le incognite dei centristi: le alleanze per il Senato e la «variabile» Professore
ROMA — «Rompere gli indugi». La parola d’ordine dell’Udc è sempre più stringente, così come i tempi per la presentazione dell’offerta politica del centro, con le elezioni che incombono. Trattative serrate, per definire struttura, organigramma, tabella di marcia, nome e logo della lista, collocazione, alleanze. Con la solita incognita: Mario Monti. Che nel sondaggio settimanale Emg, per La7, recupera fiducia tra gli italiani, raggiungendo il 45 per cento. E che, secondo alcune voci sarebbe stato pronto ad annunciare una decisione già giovedì, giorno del Consiglio europeo di Bruxelles e del congresso del Ppe. Voci prontamente smentite in serata da Palazzo Chigi.
La variabile Monti è decisiva. Se decidesse di scendere nell’agone politico, abbandonando la giacca da tecnico, sarebbe una piccola rivoluzione, con effetti a catena non solo sugli equilibri del centro. Ma Monti o non Monti, l’Udc vuole arrivare a Roma, e in fretta, prima che il vuoto dell’offerta venga riempito da altri. La decisione di scendere in campo di Oscar Giannino, con la sua lista «Fermare il declino», non è certo decisiva, né spaventa più di tanto i centristi, ma è il segnale che l’affollamento potrebbe presto diventare ingombrante.
Una delle tappe fondamentali per capire cosa succederà è la manifestazione di oggi a Reggio Emilia con Luca Cordero di Montezemolo, presenti Andrea Olivero (Acli) e il rettore dell’università di Perugia, Stefania Giannini. Alle 18.30, probabilmente, avremo qualche elemento in più per capire se il leader di Italia Futura vuole avventurarsi sul terreno politico e in che forma.
In passato, Montezemolo ha escluso di volersi candidare, ma è un’ipotesi che potrebbe tornare in gioco nel caso in cui Monti si tirasse indietro. L’Udc potrebbe anche accettare questa soluzione: «Noi non mettiamo veti e non abbiamo ostracismi — dice Roberto Rao —. Se da parte di Italia Futura e di Verso la Terza Repubblica ci fosse l’intenzione di impegnarsi in un percorso comune lo valuteremmo». Certo è che il tempo dei ragionamenti sta finendo, come fa notare anche Rao: «Bisogna sbrigarsi, fare presto che è tardi. Qualunque cosa decidano Monti e Montezemolo, andrà avanti il nostro percorso per ripartire da dove è arrivato il premier, senza i passi indietro ai quali ci costringerebbe sicuramente il Pdl e probabilmente il Pd-Sel».
In questa direzione si muove anche l’iniziativa del 20 dicembre a Roma, che non ha la portata ampia di quella convention che era stata annunciata e poi sospesa, ma che potrebbe costituire il primo fulcro delle alleanze. Gli artefici di «Rimontare l’Italia» sono tre esponenti dei partiti centristi, Benedetto Della Vedova (Fli), Gianluca Galletti (Udc) e Linda Lanzillotta (ex Api). L’idea è quella di chiamare a raccolta tutti quelli che non vogliono archiviare l’esperienza di Monti. Gli inviti saranno mandati a tutti, Montezemolo compreso.
Nel frattempo i sondaggi letti da Enrico Mentana vedono un centro ancora debole. Aggregando tutti, arriva all’11,3 per cento. Cifra comunque poco attendibile perché comprende soggetti eterogenei che di certo non staranno insieme alle elezioni: c’è l’Udc, al 3,9% (+0,1%), la Lista Montezemolo al 2,6% (+0,5%), Fli al 2,4%, ma ci sono anche Fermare il declino, allo 0,7% (+0,1%). E poi ancora Grande Sud, Movimento per l’Autonomia e Pli.
Nell’attesa di sentirlo oggi a Reggio Emilia, Olivero conferma la sua propensione a guardare verso il Pd di Bersani: «Le alleanze sono possibili solo tra le forze che più lealmente sostengono Monti, cioè quelle del centro e del centrosinistra. La discesa di Berlusconi ha reso più evidente una strada che era già segnata». Non tutti sono d’accordo e qualcuno, come il politologo Roberto D’Alimonte, segnala un’altra opzione: le alleanze a geometria variabile, tra Pd e Udc. In sostanza, il centro potrebbe non allearsi a livello nazionale con il Pd, ma farlo almeno in tre Regioni (la legge prevede alleanze regionali), consentendo così al Pd di ottenere la maggioranza al Senato, considerata in bilico. Rao non considera l’ipotesi praticabile: «Mi sembra una tesi molto accademica e poco politica. Cosa facciamo, ci alleiamo solo nelle Regioni e consegniamo la vittoria al Pd?».
Quanto alla forma della lista, si dibatte sempre sull’alternativa tra un’Udc allargata alla società civile e una formazione nuova che rompa i ponti con il passato. Per Olivero la strada è chiara: «Non possiamo fare una lista con tutto e tutti: dobbiamo segnare una discontinuità ».
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