Lavorare peggio, senza democrazia. Un modello europeo

by Sergio Segio | 29 Dicembre 2012 10:07

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Il volume, Workers, Citizens, Governance. Socio-Cultural Innovation at Work, curato da Garibaldo, Baglioni, Casey e Telljohannn, ha due obiettivi espliciti: da una parte ricostruire le caratteristiche salienti delle attuali condizioni di lavoro in Europa, dell’organizzazione della produzione che si è affermata e delle istituzioni europee di regolazione dei mercati e del welfare state; dall’altra, indicare percorsi di innovazione in ambito organizzativo, manageriale e istituzionale che siano in grado di invertire la direzione dei processi socioeconomici del passato, ancora oggi largamente dominanti. Ciò che allo stesso tempo interessa gli autori dei saggi raccolti nel volume è lo stato di salute attuale, lo spazio d’azione a disposizione e le prospettive future delle organizzazioni dei lavoratori. Tuttavia, per comprendere tutto questo conviene partire dalle due tesi di fondo che rappresentano i binari su cui scorrono le riflessioni svolte nei dodici contributi che formano il libro.
La prima tesi, esplicitata già  nell’introduzione, è una constatazione forte che non lascia «vie di fuga» per chi voglia riflettere sull’attuale «stato di salute del lavoro» (e dei lavoratori). La tesi recita più o meno nel seguente modo: nel modello di sviluppo economico e sociale che si è affermato in Europa non c’è spazio per pratiche di democratizzazione del mondo del lavoro e della produzione. In altri termini, i processi sociali e culturali oggi dominanti in ambito organizzativo e nel campo delle relazioni industriali implicano che l’integrazione dei lavoratori (nei luoghi di lavoro, ma anche nella società  più in generale) non possa passare attraverso una rappresentanza e una cittadinanza democratica, ma attraverso l’adeguamento alle regole e ai vincoli stabilito «di volta in volta» e «di luogo in luogo» dal management (…).
Tutto ciò si ricollega alla seconda tesi presente nel libro, ovvero che la costruzione dell’Unione Europea non ha rappresentato un processo parallelo e autonomo rispetto alle dinamiche descritte sopra, ma piuttosto una sponda istituzionale decisiva affinché potessero realizzarsi i processi di ri-articolazione del tessuto economico e sociale dei paesi membri (…).
Infine, nonostante sia evidente la condizione critica dei sindacati europei (spiazzati e disorientati dal campo transnazionale in cui si muove il capitale) e il rischio che gli stessi sindacati possano essere tentati di perseguire strategie adattive (un ripiegamento burocratico) e/o difensive (un ripiegamento in una dimensione nazionale), i sindacati sono considerati gli unici attori potenzialmente in grado di opporsi allo status quo e di rilanciare un’idea alternativa di Europa. In questo senso la ripresa di un’azione critica e autonoma da parte dei sindacati europei, la rivitalizzazione dei processi di mobilitazione e di partecipazione dei lavoratori (…) appaiono elementi imprescindibili perché si possa verificare una trasformazione del modello di sviluppo che si è affermato (…).
Francesco Garibaldo, Mirella Baglioni, Catherine Casey, Volker Telljohann (a cura di), Workers, Citizens, Governance. Socio-Cultural Innovation at Work. Peter Lang, Frankfurt, 2012.
Il volume contiene saggi di Garibaldo, Erne, Baglioni, Hyman, Greca, O’Kelly, Da Costa, Rehfeldt, Lucchese, Pianta, Brodner, Telljohann, Pulignano, Casey.
La versione completa di quest’articolo è su www.sbilanciamoci.info.

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