La verità  su Litvinenko Era uno 007 britannico

by Sergio Segio | 14 Dicembre 2012 6:00

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LONDRA — Che l’avessero ucciso i servizi segreti russi non c’era dubbio. Alexandr Litvinenko era un agente di Mosca e del Kgb. Lo avevano eliminato, nel novembre 2006, avvelenandolo con l’isotopo radioattivo polonio-210 lasciato al Pine Bar del Millennium Hotel in Grosvenor Square, ultimo locale frequentato da colui che in gioventù era stato un semplice soldato dell’armata rossa.
Mancavano però la prova e un movente preciso, una ragione, che spiegassero quella sofisticata e feroce eliminazione: un tè contaminato servitogli nel corso di un insospettabile e tranquillo meeting londinese per indurlo al silenzio e procurargli una terribile sofferenza, un’agonia durata tre settimane. Adesso, davanti alla Camden Town Hall dove una corte di giustizia sta provando a venire a capo del mistero si scoprono i documenti, prima inaccessibili, che offrono un quadro ragionevole della trama e dell’omicidio.
Alexandr Litvinenko era una tripla spia. Era inquadrato nell’intelligence russa ma lo pagavano pure gli 007 del Mi6, la potente organizzazione dei servizi britannici, e gli 007 spagnoli. Coi primi, il quarantatreenne analista reclutato dal terzo direttorato Kgb poi trasformato nel nuovo acronimo di Fsb, collaborava per consegnare informazioni sulla nutrita colonia degli oligarchi russi residenti nella capitale britannica e sulla ragnatela di interessi finanziari e politici da essi costruita in collegamento col Cremlino. Coi secondi, gli uomini di Madrid, Litvinenko stava ricostruendo la mappa e gli investimenti in Europa dei clan mafiosi russi nonché le coperture sempre al Cremlino di cui godevano i criminali. Era a libro paga sia di Londra sia di Madrid: i soldi gli erano versati su un conto condiviso con la moglie Marina.
È uno scenario da thriller politico-internazionale quello che si sta definendo e la cui sceneggiatura è stata spiegata bene dagli avvocati della vedova, ieri, dopo la lettura di alcune carte alla Camden Town Hall. Alexandr Litvinenko, ormai in aperto conflitto con il regime del presidente Putin che aveva deciso di smascherare e denunciare, si era messo in contatto da tempo con l’intelligence britannica e successivamente attraverso gli 007 inglesi, anzi da questi sollecitato, con i colleghi spagnoli.
Aveva un referente a Londra, si chiamava Martin, ufficiale del Mi6 con il quale si incontrava e comunicava attraverso un telefonino riservato. Proprio pochi giorni prima di essere avvelenato dal polonio, Alexandr Litvinenko aveva programmato con Martin un viaggio a Madrid, accompagnati da una figura chiave del giallo, un’altra ex spia del Kgb: Andrej Lugovoj. Pure lui uomo dei servizi segreti di Mosca, pure lui in fase di collaborazione con gli spagnoli.
Già , ma in che veste? Lugovoj sarà  l’ultimo a vedere Litvinenko e per Londra sarà  uno degli autori materiali dell’avvelenamento. Lugovoj è scappato a Mosca, è stato eletto parlamentare, ne è stata inutilmente chiesta l’estradizione che Mosca ha sempre negato. Qual era il ruolo proprio di Lugovoj? In un intreccio di giochi doppi e tripli si sta delineando uno scenario chiaro. Gli avvocati della vedova di Litvinenko l’hanno sintetizzato con parole chiare: «Ci sono prove che la Russia è direttamente coinvolta nell’omicidio». Secondo questa ricostruzione, Mosca preoccupata della defezione di Litvinenko avrebbe ordinato ai suoi agenti di stargli addosso e di fingere una collaborazione con lui, in realtà  per eliminarlo.
Restano parecchi punti oscuri. Ad esempio: chi è l’agente inglese Martin? Pare che la sua identità  sia stata scoperta e che sarà  chiamato a testimoniare. In punto di morte Litvinenko riuscì a consegnare il numero di cellulare del suo contatto Martin a un poliziotto di Scotland Yard. Perché il particolare è rimasto nascosto per ben sei anni? E per quale motivo i servizi segreti di Sua Maestà  non sono riusciti a coprire le spalle di una loro pedina così importante?

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