by Sergio Segio | 12 Dicembre 2012 9:24
Alle quattro del mattino di ieri sono così andate in onda le dimissioni del suo governo, un esecutivo transitorio frutto della mediazione che era seguita al golpe con cui un gruppo di giovani ufficiali guidati dal capitano Amadou Sanogo aveva deposto il presidente legittimo lo scorso marzo. Per insediare una giunta militare che dopo una manciata di giorni avrebbe ceduto alle pressioni internazionali e inscenato un trasferimento immediato di poteri in mano civili, nominando Dionconda Traoré presidente ad interim e aprendo la strada al governo di Diarra. L’ordine di arresto per quest’ultimo porta la firma dello stesso capitano Sanogo.
Secondo i militari il premier avrebbe troppo presto dimenticato che non era stato messo lì per la sua gloria personale, che il suo mandato era a termine e l’obiettivo uno solo: riconquistare il nord. Da parte sua Diarra sosteneva appassionatamente le ragioni dell’intervento armato esterno, un’opzione divenuta assai realistica con il recente voto in Consiglio di sicurezza dell’Onu, che autorizza e di fatto incarica Ecowas, la Comunità economica degli stati dell’Africa Occidentale, a progettare la missione armata. Da tempo una forza composta da poco più di tremila uomini è già stata messa sul piatto con la benedizione della Francia, l’ex potenza coloniale, che preferisce star fuori dalla battaglia limitandosi all’appoggio logistico.
Non è un mistero però che all’esercito maliano questa soluzione piace poco. Feriti nell’orgoglio dalla disfatta subita, i militari a questo punto vorrebbero armamenti nuovi, soldi, appoggio logistico e quant’altro dalla comunità internazionale, ma preferirebbero evitare truppe straniere combattenti sul territorio nazionale. In questo senso, la decisione presa lunedì dall’Unione europea di inviare 250 addestratori potrebbe aver convinto i militari ad agire.
Il vecchio presidente, Amadou Toumani Touré, era stato rovesciato proprio con l’ imputazione di non aver messo l’esercito in condizione di vincere la guerra contro i separatisti tuareg del nord. Paradossalmente, ma neanche troppo, è proprio all’indomani del golpe di marzo che il Movimento nazionale dell’Azawad conquista in rapida successione, quasi senza combattere, le principali città settentrionali. Lo fa approfittando della confusione che regna a Bamako, ma anche di altri due fattori chiave: il ritorno dalla Libia, dove avevano difeso Gheddafi fino all’ultimo, dei combattenti meglio armati ed addestrati; e il patto siglato con le milizie islamiste legate ad al Qaeda già attive nel paese, in primo luogo Anà§ar Dine (I difensori della fede) e il Mujiao (Movimento per l’unità e la Jihad in Africa occidentale). L’alleanza alla fine risulterà fatale alle aspirazioni di un Azawad libero e magari anche laico. Con conseguenze nefaste anche per le vestigia storiche di Timbuctù, la cultura (musica e cinema al bando) e i diritti delle donne, dal momento che in breve gli islamisti hanno assunto il controllo totale della situazione e instaurato la sharia.
Cheick Modibo Diarra, astrofisico sessantenne, genero dell’ex dittatore Moussa Traorè e ormai ex premier, al momento è sotto custodia nella sua abitazione. Secondo un portavoce dell’esercito, al momento dell’arresto c’era un aereo in attesa su una pista dell’aeroporto di Bamako per portarlo a Parigi. Ufficialmente per controlli medici. Ieri sera il presidente Traoré ha fatto sapere di aver accettato le dimissioni e ha assicurato che in 24 avrebbe comunicato il nome del successore. Poco dopo sugli schermi della Ortm campeggiava già il volto del nuovo primo ministro: è Django Cissoko, già segretario generale della Presidenza maliana. Critiche all’«interventismo» dei militari sono arrivate dagli Usa e dall’Ecowas.
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CHEICK MODIBO DIARRA
L’astrofisico 60enne, alla guida del governo transitorio seguito al golpe dello scorso marzo, è stato arrestato e costretto a dimettersi in tv. Sosteneva l’intervento esterno (già approvato dall’Onu) per ristabilire il controllo di Bamako nella metà settentrionale del paese
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