La seconda volta di Barack ancora persona dell’anno “Con lui l’America è unita”
BARACK Hussein Obama, che al liceo si faceva chiamare “Barry” per timore, è, per la seconda volta, “Persona dell’Anno”, ma la motivazione è cambiata.
Ciò che nel 2008 era stato uno strappo scandaloso ed entusiasmante nella storia bicentenaria degli Stati Uniti, nel 2012, spiega Time che assegna questo “quasi Nobel” annuale, è divenuta la cucitura che tiene faticosamente assieme le pezze a colore dell’inquieto arlecchino americano. Il merito storico di Obama è di avere per sempre reso ordinario lo straordinario e pensabile l’impensabile per chi nel futuro tenterà di governare l’America, donne, latinos, gay, italo americani, sino americani, chiunque sappia meritarselo senza discriminazione di razza, genere, fedi.
Se nell’autunno del 2008 la sua massiccia vittoria elettorale era stata sospinta da una gigantesca onda di rigetto per i disastri multipli della presidenza Bush e per la mediocrità impresentabile di avversari come McCain e Palin, il 7 novembre scorso l’equazione politica si è completamente rovesciata. In un arco di tempo compresso in mesi, dal fondo del precipizio nel quale l’America della finanza, dell’economia, delle guerre, era sprofondata, quest’uomo ha saputo emergere non più come il profeta del cambiamento, ma come il garante di una nuova stabilità . E la sua evidente ambiguità etnica, mai abbastanza nero per i neri, mai abbastanza bianco per i bianchi, è il volto della nuova America che non è più multietnica, come è sempre stata, ma tessuta all’interno delle stesse famiglie, delle stesse persone, degli stessi bambini, con i fili diversi dell’umanità .
E’ stato riconosciuto persona simbolo del 2012 proprio per questa sua capacità di essere ciò che l’America sempre più è, secondo il solo sondaggio che davvero conti, il censimento nazionale. «Barack Obama — dice la motivazione — ha saputo trovare e forgiare una nuova maggioranza, ha trasformato una debolezza in una forza diretta alla ricerca, tra enormi avversità , di una più perfetta unione». Trovare e forgiare, perché in democrazia non basta individuare una possibile base elettorale per vincere, né si possono formare maggioranze durature, artificiali e forzate. «Più perfetta unione», è proprio quella storpiatura grammaticale che sta alla radice della repubblica americana, scolpita come premessa fondamentale nel preambolo della Dichiarazione d’Indipendenza, Nel 2008, il successo di Obama contro la sola, vera avversaria che avrebbe potuto contendergli la Casa Bianca, Hillary Clinton all’interno dello stesso partito Democratico, era stato una sfida vincente «contro le probabilità » e i «luoghi comuni», aveva motivato Timenel- l’assegnargli allora il riconoscimento. Ora non più. Il figlio di una irrequieta ragazza del Kansas e di un poco affidabile studente africano, il presidente che ha fratellastri, parenti, cugini in un villaggio del Kenya, è diventato, anche per la giuria di un periodico saldamente radicato nel miglior establishment bianco della East Coast, il simbolo di una nazione dove i matrimoni e le unioni miste crescono ogni anno, dove il declino demografico della
“casta”, questa sì tale, anglosassone e protestante, sta tessendo nei piccoli che ogni giorno nascono, i diversi colori della macchia umana.
Essere Persona dell’Anno non significa essere necessariamente il “meglio del meglio” e in questo Time non ha la presunzione di Hollywood o dell’Accademia Reale Svedese di individuare il migliore nel suo campo o nel suo tempo. “Uomo dell’Anno”, poi divenuto per correttezza politica femminista, “Persona”, può essere chiunque abbia segnato gli ultimi dodici mesi con le proprie azioni. Furono prese colossali cantonate, come il riconoscimento al pessimo comandante della spedizione in Vietnam, il generale William Westmoreland, al presidente Richard Nixon al leader della destra repubblicana Newt Gingrich.
Sono state celebrate personalità come l’ayatollah Khomeini, come Yuri Andropov, per decenni signore assoluto del KGB prima di assurgere alla segreteria del Pcus. “Persone” sono state considerate anche “Il Computer”, il “Soldato Americano”, la “Terra a Rischio”, nel 1988, o movimenti come “I Protestatari”, che includevano tutti coloro che nel mondo si agitassero contro il potere. Non sono giudizi di valore, ma di fatto e anche in questo 2012 tra i finalisti c’erano i fisici che hanno individuato il Bosone di Higgs, come l’italiana Fabiola Gianotti, Malala la ragazzina pakistana che ha preferito farsi ferire piuttosto che arrendere ai Taliban il proprio diritto allo studio e il presidente egiziano Morsi.
Non è dunque imprudente e avventato come quel Nobel per la Pace che proprio a Obama fu attribuito — dopo altre stravaganti assegnazioni a Kissinger, ad Arafat, al nordvietnamita Le Duc Tho — e che Obama stesso accolse con più imbarazzo che soddisfazione, non avendo fatto ancora nulla per meritarlo.
Time registra soltanto la persona, l’oggetto, l’idea, il personaggio collettivo che segnano, anche nella penombra del giudizio frettoloso della cronaca, il proprio tempo come vuole il nome del magazine. E questa volta, è impossibile accusarlo di essersi sbagliato. Obama potrà essere un ottimo e pessimo leader politico, ma il giudizio del futuro non potrà cambiare il fatto che “Barry”, tornato Barack Hussein Obama, in quei lontani anni del Terzo Millennio fu davvero l’espressione di come stavano cambiando il tempo, e i volti, della nostra storia.
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