La politica e i sentimenti

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Berlinguer rimase inascoltato, a molti il suo sembrò un discorso da predicatore. In realtà  ciò che poteva apparire solo come buon senso venato di moralismo era la sua preoccupazione di rispettare le emozioni dei ceti produttivi, di non favorire la diffusione di uno stato di rassegnazione e di sfiducia. La conoscenza dei sentimenti dei cittadini è determinante per il successo di un progetto di governo e quindi la politica non può ignorare la psicologia ma è un dato acquisito che ne fa solitamente uso solo per sondare e manipolare reazioni immediate. I politici generalmente non amano gli esperti della psiche e detestano di essere interpretati da loro. Anche se a nessuno piace essere analizzato senza il proprio consenso i politici non possono pretendere di essere trattati come privati cittadini. Le motivazioni psicologiche delle loro azioni sono inevitabilmente oggetto di studio perché riflettono le correnti emotive che attraversano la società  e perché incidono, di rimbalzo, sul loro andamento. A volte l’ostilità  dei politici nei confronti degli «psicologi» ha un’origine più prosaica: la concorrenza. Certi politici hanno una quasi istintiva capacità  di sentire, manipolare e sfruttare gli umori della gente a loro favore e si sentono infinitamente superiori come capacità  di comprendere il prossimo dei disprezzati «esperti».

Questi personaggi incurabili (Berlusconi è l’esempio più significativo) vivono in una simbiosi emotiva con i sentimenti più difensivi e vischiosi della gente e sanno trasformare lo sfondo depressivo in cui sono immersi in una perenne ed illusoria esaltazione. Alla fine si raccolgono i cocci. La pseudocultura edonistica che ha dominato psicologicamente, più che sul piano delle idee, il nostro paese negli ultimi trent’anni è stata un potente antidepressivo di massa che ha deviato l’attenzione di gran parte degli italiani dai problemi reali da risolvere e dall’interesse generale. Il suo dominio se da una parte ha reso socialmente accettabile l’egoismo dei ricchi, dall’altra ha trasformato questo egoismo in specchietto per le allodole, fantasma di eccitazione autoerotica, per gran parte dei diseredati. Siamo tutti chiamati non solo a risolvere questioni sociali e economiche incancrenite ma soprattutto a farci carico del complesso lavoro di elaborazione psichica che ci è richiesto dalla consapevolezza delle tante occasioni perdute e dalla fine brutale del risparmio emotivo reso possibile dalle illusioni. Il paese è in una «recessione» psicologica che, al di là  dei parametri economici, rende molto difficile la ripartenza.

Questa recessione le soluzioni del governo tecnico l’hanno in parte aggravata perché non hanno intaccato i privilegi «esosi», di cui parlava Berlinguer, e quindi neppure il modello di eccitazione senza soddisfazione reale del desiderio che questi privilegi hanno creato. Mantenere in vita questo modello che gira a vuoto significa favorire una depressione psichica collettiva.


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