La mossa delle primarie blocca renziani e notabili

by Sergio Segio | 14 Dicembre 2012 5:35

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ROMA — Lo aveva detto nell’ultimo scorcio dell’estate: «Se vinco le primarie poi si fa come dico io». E con quell’aria sorniona, dietro cui nasconde una tenacia e una determinazione a tutti prima insospettabili, è stato conseguente con quella sua affermazione. Prima Pier Luigi Bersani ha «utilizzato» la carica rottamatrice di Matteo Renzi per pensionare i dirigenti più importanti del Partito democratico, ossia Massimo D’Alema e Walter Veltroni, poi, una volta assicuratosi il successo nel ballottaggio, ha scaricato anche il sindaco di Firenze.
Lo ha fatto con una mossa assai abile. Quella di queste primarie per i parlamentari che in realtà  sono assai più blindate di quanto appaiono e che gli consentiranno di svecchiare ulteriormente il partito, di non dover scendere a patti con il primo cittadino toscano per dargli una quota di deputati e senatori e di assicurarsi una pattuglia a lui fedele sia a Montecitorio che a palazzo Madama. L’idea di escogitare un meccanismo di voto dei parlamentari che lo blindi gli è venuta qualche giorno fa: «Non possiamo non indire le primarie, le abbiamo promesse e tra l’altro rappresenteranno anche il modo con cui mettere a tacere Grillo che ha fatto quelle votazioni incredibili». Già , perché ora l’ambizione del segretario è quella di togliere consensi al comico genovese, anziché farseli rubare. E non è un caso se una sua fedelissima, Alessandra Moretti, proponga che votino non solo gli iscritti o i quasi tre milioni di italiani delle primarie del 25 novembre, ma anche chiunque altro si dichiari elettore del Pd. Così si allargherebbe la platea dei potenziali consensi al partito a quei grillini che appaiono insoddisfatti dal comportamento del loro leader.
Dunque primarie aperte a tutti per quel che riguarda gli elettori ma non gli eletti. Il trucco è tutto lì. Nei giorni scorsi Bersani ne aveva discusso anche con il suo vice Enrico Letta come riporta il sito «il Retroscena.it», molto informato sulle vicende del Pd. Non si potrà  quindi autocandidare chi vorrà . Le liste dei papabili verranno stilate dalle segreterie provinciali e regionali, al 90 per cento (e oltre) di provata fede bersaniana. Peraltro non potranno scendere nell’agone, a meno che non chiedano una deroga, sindaci, presidenti di provincia e consiglieri regionali. Cioè tutti quelli che detengono un loro pacchetto di voti e che non vivono all’ ombra del leader. Ci saranno molti volti nuovi e molti giovani tra i candidati alle primarie: «Così — spiega il segretario — dimostrerò come rinnovo. Tutti si metteranno in gioco».
Ma non è finita qui. C’è poi una quota di intoccabili, che non verranno sottoposti al rito delle primarie e che quindi entreranno automaticamente in Parlamento. Una sorta di listino di Largo del Nazareno i cui componenti verranno distribuiti nelle varie circoscrizioni. Nell’elenco non ci saranno i giovani di Bersani, che si misureranno tutti con le primarie, senza alcun privilegio: potrebbero esserci invece i capilista (su questo si sta ancora trattando), e ci saranno gli esterni al Partito e un gruppo di parlamentari che benché di lungo corso posseggono delle competenze a cui Bersani non intende rinunciare. Tutti insieme dovrebbero rappresentare il 20% del totale delle candidature, ma c’è chi giura che alla fine questa soglia salirà  al 30. Lo chiamano già  il listino del segretario, anche se mettervi dentro pure i capilista significa aprirsi alla possibilità  di compensare le diverse correnti interne. Comunque, pure in questo caso sarà  Roma — o per dirla meglio, Bersani — a decidere.
Tra gli esterni (alcuni per modo di dire) dovrebbero esserci il politologo Carlo Galli (candidato in Emilia), Miguel Gotor, il consigliere principe del segretario, Massimo D’Antoni, economista, bersaniano di ferro ed editorialista dell’Unità , l’ex popolare Michele Ciliberto (un’altra firma del quotidiano diretto da Claudio Sardo), la giurista Laura Bazzicalupo e la giuslavorista Laura Corazza. Questi sono i primi nomi, ma regole e listino verranno definiti di qui a lunedì. Formalmente il leader non se ne occupa, benché abbia assicurato ai suoi che «verranno premiati quelli che hanno lavorato», e ha lasciato la conduzione della faccenda al coordinatore della segreteria Maurizio Migliavacca, al vice Enrico Letta e al responsabile organizzativo Nico Stumpo. È chiaro, però, che l’impronta Bersani l’ha già  data e gli altri dovranno semplicemente eseguire dei perfezionamenti tecnici e assumersi l’ingrato compito di mediare con tutti i futuri esodati del Pd.
Insomma, un piano quasi perfetto, che può far dire al leader: «La democrazia funziona così, non come nel movimento di Grillo». Ma che nel contempo gli consente di tenere salde in mano le redini del partito. Non c’è dubbio, il segretario esce da questa vicenda rafforzato. Per tutti gli altri maggiorenti, come dice Beppe Fioroni, «sarà  un terno al lotto».
Maria Teresa Meli                            

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