La mossa arancione
«Il ventennio berlusconiano ci ha lasciato le macerie delle leggi ad personam. L’Italia è come il Guatemala». E chi altro potrebbe dire una roba così, se non il pm Antonio Ingroia, fra gli applausi del teatro Vittoria, «un paese a sovranità limitata, con le reti criminali che ne considizionano l’economia. È questa la vera anomalia italiana». All’assemblea della campagna Cambiare si può – l’appello dei 70 per far nascere le liste arancioni, primi firmatari Gallino, Pepino e Revelli -, convocata alla vigilia delle primarie con ostentata noncuranza verso il vincitore, sono arrivati in mille da tutta Italia. Nello storico teatro di Testaccio si fanno i turni per entrare, il dibattito è amplificato per chi resta fuori sotto l’acquazzone. Lo diciamo subito, quello del magistrato palermitano non è un intervento fra gli altri. Applausi quando sale sul palco, molti in piedi. Il teatro viene giù quando conclude «io non mi sono mai tirato indietro, sia al palazzo di giustizia di Palermo che fuori. Io sarò con voi, dal Guatemala o dall’Italia». Ingroia è il corteggiato speciale del movimento arancione. Per una candidatura o anche meglio la leadership del futuribile quarto polo. E lui dice sì, o quasi, «la vostra iniziativa è lodevole e necessaria, cambiare si deve, dico di più: si può». Si fa avanti, aderendo al progetto di democrazia radicale, «non serve un salvatore della patria», ai toni anticasta e anti borghesia criminale, «l’antimafia italiana ha avuto come principio il contenimento delle mafie, la politica ha tutelato questo principio per tutelare i legami che aveva con la mafia», «bisogna progettare un politica che abbia l’ambizione di eliminare la mafia, ma non può farla questa classe politica», intendendo quella uscente e anche quella rientrante. Scende dal palco rincorso dagli applausi, dalle strette di mano e dai cronisti: lascerebbe già il suo incarico in Guatemala?, «Non è escluso, tutto è possibile». Intanto una firma ce la mette: sul referendum per il ripristino dell’articolo 18 e per la cancellazione dell’art.8 della legge Sacconi.
De Magistris: autonomi o alleati
Ripartiamo dall’inizio. Perché non è di leadership che si discute, per sette ore senza interruzione, 47 interventi su 220 richieste. Piuttosto di organizzazione, per non evaporare come successe ai girotondi. Fin dall’apertura Livio Pepino dà gambe al progetto, lanciando i «Cambiare si può day» per il 15 e il 16 dicembre. La strada è «unire tutte le forze anticapitaliste» (Antonio De Luca, uno dei 19 operai reintegrati di Pomigliano, altro papabile candidato), «praticare una rivoluzione pacifica di massa, rifondare la democrazia» (Paul Ginsborg, che invece annuncia di non volersi candidare). Dal palco arriva la voce No Tav di Gianna De Masi, quella «No Triv», no alle trivelle, di Guido Claps, fratello della giovane Elisa, uccisa dalla mafia basilisca (uno dei firmatari dell’appello è don Marcello Cozzi, responsabile di Libera in Basilicata e braccio destro di don Ciotti), degli insegnanti (Roberta Roberti, Parma), studenti, medici, l’attore Moni Ovadia, l’economista Giuseppe De Marzo (A sud): tutte le sfumature dell’antimontismo, dall’arancione al rosso di Prc e di Sinistra Critica. In platea voti noti e non, ex lontani o vicini da sempre: l’ex dipietrista Elio Veltri fa una puntatina, il regista Citto Maselli ascolta tutti dall’inizio alla fine.
Fino all’atteso Luigi De Magistris, l’unico sindaco arancione doc che l’assemblea riconosce. Il 12 dicembre a Roma presenterà la sua lista, ci saranno «un veneto attivista contro il nucleare, un siciliano contro il Ponte sullo stretto, un campano contro le discariche». Deve spiegare l’apertura all’alleanze con il centrosinistra, prima o dopo il voto, dichiarata in un’intervista al manifesto. In effetti qui gli appelli a rivolgersi anche a chi ha partecipato alle primarie – gli elettori di Vendola – sono tanti (tra gli altri, Tiziano Rinaldini), ma altrettante le scomuniche: «Una cosa è certa, chi ha firmato la carta d’intenti non sta con noi», dice l’assessore di Napoli Alberto Lucarelli.Eppure il giurista Ugo Mattei, fra i promotori dei referendum sull’acqua del 2011, ha appena svolto l’argomentazione opposta. De Magistris mette insieme tutto: «Le nostre idee sono maggioranza nel Paese. Se vogliamo combattere per vincerle, le elezioni, io ci sto. La sfida è battere le massomafie, realizzare la rivoluzione governando». Quanto alle alleanze «credo nell’autonomia, e con il centrosinistra così com’è ora non mi alleo». E però: «Non mi interessa il diritto di tribuna». Ai cronisti, poi, deve spiegare ancora: «Vendola e Bersani non sono nemici. Vorrei una legge elettorola con le preferenze e l’indicazione della coalizione».
Roma, partiti, e soggetto nuovo
Ieri Cambiare si può ha presentato una traccia di programma di governo, 25 punti dai bene comuni al taglio degli F35, alla difesa della scuola e della sanità pubblica. Ma c’è ancora strada da fare. Intanto nei rapporti interni. «Diciamocelo chiaro: qui non comandano i partiti, no alla riedizione della Sinistra Arcobaleno», si appassiona il toscano Massimo Torelli (Alba). Di quella nomenklatura in sala c’è qualche dirigente Sel in sofferenza (Alfonso Gianni, vicino a Fausto Bertinotti). Ma c’è il Prc al gran completo, dal segretario Ferrero a tanti militanti. Parlano dal palco (non Ferrero) ma a nome di altre militanze (No debito, Social forum). C’è chi chiede un passo indietro comunque. E chi dall’altra parte trattiene il malumore, è un po’ una beffa essere mescolato nel calderone della casta per il solo fatto di aderire a un partito, benché antimontiano, anticapitalista e movimentista. «Siamo lungimiranti», tranquillizza l’ex senatore Giovanni Russo Spena. Il problema non si porrà , se la legge elettorale consentirà a ciascuno di fare le sue liste, per poi unirsi in coalizione. Se no, se ne discuterà . Intanto è già partita la prima lista arancione alle amministrative di Roma. Il candidato è Sandro Medici, «la mia è un’esperienza che sta dentro quest’assemblea».
Anche la partenza verso le politiche è cosa fatta, alla fine un voto lo sancisce. Anche se alcuni saggi consigliano di non precipitare. Così Tonino Perna: «Per insegnare a nuotare a un bambino piccolo non lo butta all’improvviso nell’acqua». E sociologo Marco Revelli, in conclusione: «I ‘Cambiare si può day’ saranno una consultazione nei territori. Ci rivediamo entro dicembre e valutiamo com’è andata». Per vedere se il quarto polo davvero si può.
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I miracoli elettorali del grande illusionista
PERà’ attenti, che Berlusconi le campagne elettorali le sa fare. Come presidente del Consiglio, come si è capito, è un disastro.
MA QUANDO si tratta di attizzare la curiosità , conquistare l’attenzione, imporre temi, vendere promesse e alla fine anche raccattare voti, accidenti, è un mostro, nel senso latino di monstrum, un fenomeno, un prodigio, un leader rapace e soprattutto capace di produrre autentici miracoli elettorali.