la Destra Usa: «Alzare le imposte sui milionari»

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Ma per la prima volta la destra apre a un aumento limitato del prelievo tributario sui ricchi (solo quelli che guadagnano oltre il milione di dollari l’anno, anziché i 250 mila come proposto da Obama) purché compensato da tagli della spesa sociale (indennità  di disoccupazione, pensioni e sanità  pubblica per poveri e anziani) molto più consistenti di quelli che la Casa Bianca si è detta disposta ad accogliere. L’apertura di John Boehner (nella foto accanto, Epa) nella trattativa col presidente — che il capo della maggioranza repubblicana alla Camera non conferma ufficialmente ma che trova riscontri in vari ambienti conservatori — è di grande importanza perché rompe un tabù, quello dell’uso della leva delle tasse, che paralizza la destra da decenni: è dal 1990 che i repubblicani non votano misure di aumento del prelievo tributario. Ma stavolta gli squilibri del bilancio federale sono talmente accentuati da rendere impossibile una soluzione basata solo riduzioni delle spese.
Boehner ne prende atto, ma non è detto che questo basti. Il tempo stringe e tra i repubblicani serpeggia il malcontento. Lo «speaker» della Camera, scottato dall’esperienza di un anno e mezzo fa quando un suo accordo col presidente sul taglio del deficit fu affossato da una sommossa del suo stesso partito, si muove coi piedi di piombo: teme un’altra rivolta interna. Stavolta è Obama, fresco vincitore delle elezioni, ad avere il coltello dalla parte del manico. Ma se sulle tasse può spuntarla, il nodo più difficile rischia di essere proprio quello della spesa. Obama vuole, insieme all’accordo sulle tasse, quello per alzare a marzo il tetto del debito pubblico. I conservatori resistono, ma il presidente fa bene a pretendere un accordo più ampio che dia certezze all’economia. Ha invece torto quando cerca di limitare a soli 400 miliardi in 10 anni il taglio della spesa sociale (rispetto a 1.400 miliardi di aumento delle tasse). Con le leggi attuali gli Usa si avviano ad accumulare un deficit di bilancio strutturale, dovuto soprattutto al «welfare», pari al 7% del Pil: peggio di qualunque altro Paese al mondo salvo il Giappone.


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