LA DANNAZIONE DEL CAPO

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Il capo sarà  fuori dal parlamento: è incandidabile per il «non statuto» e per il decreto liste pulite. Però avrà  potere assoluto sugli eletti dal popolo. Quando gli girerà  – e gli girerà  – farà  le sue scomuniche. Toglierà  il diritto di parlare in nome della lista, del gruppo, del simbolo. Potrà  farlo: è tutta roba sua. E allora, per quante ragioni possa avere il Movimento 5 stelle, per quante battaglie abbia azzeccato Grillo, votarli significherà  eleggere parlamentari ricattabili. Non liberi. Allineati o espulsi. È per questo che i sondaggi calano. Per questo e anche perché intorno a Grillo il panorama si è mosso. Il Pd si è mosso. Più per paura che per convinzione, ma le primarie le ha fatte. Un po’ dello spirito dei 5 stelle è diventato lo spirito del tempo, ha contagiato la campagna della «rottamazione». E adesso il Pd farà  altre primarie, o una specie, anche per i parlamentari. Non tutti potranno votare, ma saranno certo più dei 30mila approvati da Casaleggio. Si è mosso anche altro, giusto ieri il Movimento arancione che per parole d’ordine, riferimenti ideali e protagonisti concreti incrocia molto la vicenda grillina. Nel bene e nel male. Ma ne costituisce un’alternativa, fuori dai toni apocalittici. Se fosse in grado di vederla in positivo, Grillo potrebbe concludere di aver cominciato a vincere. Invece teme la concorrenza. Ha bisogno che le vacche siano tutte nere perché possa essere notte. L’abbiamo visto fare il diavolo a quattro contro i tentativi di cambiare la legge elettorale, lo sentiamo urlare perché è rimasta la vecchia legge. Con tre righe dal tinello ha definito «il giorno dei morti viventi» le primarie del centrosinistra. E via scivolando. Fino al video di lunedì, più grave delle espulsioni di ieri – che di fatto erano già  avvenute e provano soltanto quanto la stizza sia più forte delle opportunità  politiche. Di fronte all’annuncio che «chi fa domande» e «parla di democrazia» sarà  mandato «fuori dalle palle» cosa c’è aggiungere? Bisogna invece moltiplicarle le domande, tanto più che la gestione Casaleggio ne provoca sempre di nuove e serie. Domande, risposte nessuna. Chi ha conosciuto da vicino il movimento dei Meet-up ha capito presto che si trattava di un fenomeno originale e autentico, una forma di partecipazione intelligente, pulita e costruttiva. E ha colto il contrasto tra una militanza libera e aperta e un capo prepotente e proprietario. È bene che la contraddizione esploda. Ci si potrebbe augurare un’autoriforma popolare. Non fosse che nei partiti personali sono i fondatori a liberarsi del popolo.


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