La crisi alimenta le diseguaglianze al 10% degli italiani metà  dei patrimoni

by Sergio Segio | 14 Dicembre 2012 5:57

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ROMA – Povere famiglie. La crisi entra nelle case degli italiani e riporta la loro ricchezza agli anni Novanta. Fa aumentare le disuguaglianze tra ricchi e poveri. Fa lievitare il numero di chi si ritrova «in bolletta».
Contraccolpi e trasformazioni in tempi di vacche magre, secondo uno studio periodico della Banca d’Italia. Molti numeri, pochi commenti, com’è nello stile di questi economisti. Ma certe cifre fanno ben capire quanto pesa la recessione. Per esempio: nelle mani del 10% degli italiani si concentra il 45,9% della ricchezza totale. La metà  più povera del paese ne detiene solo il 9,4%. O anche: dal 2007, al 2011 la ricchezza delle famiglie è diminuita del 5,8% in termini reali. Significa che si assottiglia il valore delle case, che calano i risparmi di una vita. E, non ultimo, il 2,8% dei nuclei familiari – quasi tre su cento- è totalmente in «rosso». «Ricchezza netta negativa», nel linguaggio asettico degli economisti del governatore, Ignazio Visco. Ovvero, stando alla definizione tecnica di questa grandezza, vuol dire che i cittadini meno fortunati non hanno nè abitazioni né terreni, niente depositi, titoli o azioni al netto delle cosiddette passività , cioè mutui e prestiti personali. Sono in bolletta, appunto. Con la recessione che incombe, le disparità  sono ora cosi’ vistose da meritare una nota: «La distribuzione della ricchezza è caratterizzata da un elevato grado di concentrazione», si legge nel testo. «Molte famiglie ne detengono livelli modesti o nulli; all’opposto, poche famiglie dispongono di una ricchezza elevata».
Tempi duri, perciò. E lo si capisce anche da un’altra sventagliata di numeri, quelli che quantificano i colpi della crisi nell’ultimo biennio e dunque calcolano il grado di erosione della ricchezza: meno 3,4% solo nel periodo 2010-2011. Nel primo semestre di quest’anno, il calo (in termini nominali) è dello 0,5%. Altro dato, stesso lasso di tempo: la ricchezza pro capite diminuisce dell’1% a prezzi correnti e del 3,7% a prezzi costanti, un livello «simile a quello della fine degli anni Novanta». Oppure: la ricchezza netta complessiva a prezzi correnti scende nel biennio di 63 miliardi di euro. E per finire: la ricchezza netta per famiglia – dati 2011- è di 350 mila euro. Quella totale è pari nella stessa data a 8.619 miliardi. Pro-capite, si tratta di circa 140 mila euro. Le passività  finanziarie, ovvero i debiti, sono pari a 900 miliardi di euro, il 9,5% delle attività  complessive.
Qua e là  il rapporto riserva alcune sorprese. Una è questa: premesso che tra le cosiddette attività  reali, regna la casa, la novità  è che gli italiani ricominciano a comprare Bot e Btp. Ben 30 miliardi in più, solo l’anno scorso, lo stesso livello del 2009. Un’altra sorpresa: nel confronto internazionale – dati 2010- la ricchezza netta delle famiglie è pari a 8 volte il reddito disponibile, contro l’8,2 del Regno Unito, l’8,1 della Francia, il 7,8 del Giappone, il 5,5 del Canada e il 5,3 degli Usa. Di fronte a questo spaccato, i consumatori del Codacons chiedono al governo di pensare ad un «contributo straordinario di solidarietà » per quel 10% di ricchi.

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