by Sergio Segio | 9 Dicembre 2012 8:28
Il punto di partenza è la previsione di un aumento della temperatura media nel nostro continente variabile a seconda delle regioni da 0,5 a 2,5 gradi centigradi; valutazione inserita nella prospettiva di un pianeta più caldo globalmente di 3-4 gradi per il 2100.
Ciò causerà un aumento dei fenomeni meteorologici estremi (ondate di calore, tempeste più ricche d’acqua, più violente e più frequenti), come in qualche caso stiamo già sperimentando, che creeranno maggiori problemi nelle regioni del Nord e del Mediterraneo. L’aumento del livello dei mari costringerà Paesi come l’Olanda ad affrontare interventi ambientali più consistenti di quelli già praticati finora, con spostamenti della popolazione. In Adriatico Venezia, per fare un esempio, dovrà affrontare la stessa situazione. Per le coste si assisterà ad una riduzione di quelle pianeggianti e ad una più incisiva erosione delle scogliere.
Le coltivazioni rappresentano un punto debole particolare. L’aumento della temperatura metterà in crisi le piantagioni come oggi sono distribuite costringendo a far ricorso a piante diverse più resistenti al calore. Alcune terre saranno abbandonate, per cui si prospetta la necessità di aiuti a Paesi poveri come Bulgaria, Romania e Turchia che potrebbero diventare produttivi anche per il resto dell’Europa. Le specie marine migreranno più a nord alla ricerca di acque più fresche. Intanto i diversi afflussi d’acqua porranno problemi alle centrali idroelettriche aumentando le disponibilità invernali e riducendo quelle estive. Le economie in generale si troveranno di fronte a varie difficoltà e anche la salute delle popolazioni dovrà essere meglio tutelata. In proposito si ricorda che nella torrida estate del 2003 le vittime furono 35 mila. Le risposte a questi problemi non possono attendere. Ma prima di tutto bisogna esserne consapevoli.
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