Irlanda, aborto legalizzato dopo il caso della donna lasciata morire in clinica
Si era rivolta alla clinica universitaria Galway chiedendo di interrompere la gravidanza sostenendo di non poterla portare a compimento. Stando al racconto della famiglia, il personale medico e paramedico le aveva risposto che in «presenza del battito cardiaco del feto e in un paese cattolico come l’Irlanda» ciò non sarebbe stato possibile. «Ma io non sono cattolica, sono di religione hindu», aveva replicato. Niente. Poche ore dopo Savita Halappanavar era morta per setticemia. La notizia si era diffusa nonostante l’iniziale blackout e il marito, intervistato, aveva denunciato: «Se le avessero consentito di abortire, Savita sarebbe ancora viva». Così all’improvviso, sull’onda delle emozioni create dalla vicenda si è riaperto un dibattito che scuote la società irlandese da almeno due decenni e che non ha mai avuto una chiara sintesi e soluzione. Ci sono stati due referendum nel 1992 e nel 2002 ma in entrambi i casi le proposte di modifica sono state bocciate. Tutto nasce proprio nel 1992 quando una ragazza quattordicenne viene violentata e rimane incinta. Alla storia irlandese è passato come il «caso X».
Alla giovane, che minacciava di suicidarsi, un tribunale negò inizialmente il diritto ad abortire. La decisione fu poi rovesciata dalla Suprema Corte che introdusse un principio: se vi è pericolo per la vita della madre l’interruzione può essere consentita. Ma il legislatore latitò. Vent’anni dopo la storia di Savita ha riaperto la discussione. E questa volta Dublino dice che la costituzione sarà emendata per legalizzare, in certi casi, l’interruzione di gravidanza. Passaggio non indifferente. Primo perché il Paese ha una forte vocazione cattolica, anche se i sondaggi indicano che oggi soltanto il 47 per cento della popolazione si dichiara religiosa. Secondo perché l’annuncio viene da una maggioranza che vede i laburisti al fianco del Fina Gael, il partito del primo ministro Enda Kenny, centrista e collocato nel Partito popolare europeo. Una svolta che ha messo in allarme in vertici della Chiesa d’Irlanda.
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