Ingroia verso la candidatura Venerdì comizio a Roma
ROMA — L’interessato, tra una riunione e l’altra a Città del Guatemala dove da un mese e mezzo sta svolgendo un nuovo lavoro investigativo patrocinato dalle Nazioni Unite, si ostina a sostenere che non ha ancora deciso. Ma la domanda di aspettativa «per motivi elettorali» l’ha già spedita. Destinazione Roma, Consiglio superiore della magistratura. «È una mossa cautelativa — spiega Antonio Ingroia — giacché il 20 dicembre il Csm chiude e riapre il 7 gennaio; siccome è possibile che si voti il 17 febbraio, se dovessi decidere di candidarmi rischierei di arrivare fuori tempo massimo con la richiesta. Per questo l’ho presentata in anticipo, precisando che serve ad essere messo in condizione di accettare eventuali proposte di candidatura al Parlamento».
Ma al di là di prudenza e dubbi che tardano a sciogliersi per l’incertezza in cui ancora versano le alleanze elettorali e post elettorali, la carriera politica dell’ex pubblico ministero antimafia di Palermo è ufficialmente cominciata. Non tanto con la lettera recapitata al Csm, quanto con la prima firma apposta sotto il manifesto intitolato «Io ci sto»: dieci punti programmatici che indicano quelle che dovrebbero essere le priorità del governo prossimo venturo, già sottoscritte anche dai sindaci di Napoli e Palermo, de Magistris (ex magistrato pure lui) e Leoluca Orlando. Al quarto posto della lista — dopo i richiami a legalità e solidarietà , laicità dello Stato e rilancio della scuola pubblica — compare la «politica antimafia che abbia come obiettivo ultimo non solo il contenimento, ma l’eliminazione della mafia, e la colpisca nella sua struttura finanziaria e nelle sue relazioni con gli altri poteri, a cominciare dal potere politico».
Sembra la prosecuzione in chiave politica dell’inchiesta sulla presunta trattativa fra lo Stato e Cosa nostra al tempo delle stragi di vent’anni fa, quella che Ingroia ha coordinato fino alla partenza per il Centro America e che non pochi problemi ha creato nei rapporti istituzionali. Problemi che rischiano di pesare sulla futura carriera politica del magistrato. Le riflessioni che l’ex pm sta portando avanti con amici ed eventuali compagni d’avventura, ruotano intorno all’obiettivo di contare davvero nel panorama politico della prossima legislatura: dare vita a un’aggregazione non necessariamente destinata all’opposizione e alla sola testimonianza, ma che possa avere qualche opportunità di entrare in un’alleanza di governo. Per incidere, e non solo per rivendicare principi.
È un obiettivo che necessariamente passa per un rapporto costruttivo con il Partito democratico. O quanto meno non pregiudizialmente alternativo, come invece apparivano alcuni proclami all’assemblea di «Cambiare si può», dal nome di un altro manifesto d’intenti promosso dall’ex magistrato Livio Pepino e dal sociologo Marco Revelli. A quell’incontro c’era pure de Magistris, e per Ingroia scattò una standing ovation che sapeva molto di acclamazione. In queste settimane l’ex pm (come una volta veniva indicato Di Pietro, che ha già annunciato l’adesione all’appello di «Io ci sto») dal Guatemala ha tenuto molti contatti per convincere almeno una parte del cosiddetto «movimento arancione» a non disdegnare un ipotetico, futuro accordo con il Pd. Che in ogni caso dipenderà , in gran parte, dalle scelte dei democratici.
In questo quadro ancora confuso Ingroia ha posto le premesse per la sua candidatura, che il vicepresidente del Csm Vietti ha commentato con ostentato distacco: «Valuteremo questa richiesta come tutte le pratiche di questo genere. Non c’è niente di eccezionale, l’unico sentimento che non provo è lo stupore». Scontate le critiche del centrodestra, che vedono nella scelta del magistrato palermitano la naturale conclusione di un percorso che loro denunciano da tempo, quando indossava la toga, e svolgeva indagini rumorose e parlava molto anche fuori dalle aule giudiziarie. Lui fra tre giorni sbarcherà a Roma, per partecipare all’assemblea in cui sarà presentato il manifesto di cui è primo firmatario. E chissà che quel giorno non annunci la decisione finale.
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