Ingroia chiede l’aspettativa La lista civica arancione c’è
Il quale però ieri, nella sua tradizione, appena filtrata la notizia, ne ridimensiona la portata. Dice di voler «riflettere ancora». Nei prossimi giorni, spiega, sarebbe scaduto il termine, «la mia richiesta è solo cautelativa». Ma negli ambienti del Quarto polo, dopo la riunione di ieri mattina nella sede dell’Idv dove si è deciso lo sprint finale, nessuno ha dubbi sulle reali intenzioni del procuratore. Tant’è che nel comunicato del battesimo della lista – sarà il 21 dicembre a Roma, al cinema Capranica – si sottolinea che per essere presente Ingroia tornerà «appositamente dal Guatemala».
Del resto Ingroia è uno dei tre firmatari dell’appello-programma con cui è convocata l’iniziativa. Titolo «Io ci sto», non a caso una citazione dell’intervento del magistrato al Teatro Vittoria, lo scorso primo dicembre. Gli altri due sono il sindaco di Napoli Luigi De Magistris e quello di Palermo Leoluca Orlando. Le adesioni dei leader dei partito arrivano un minuto dopo, a simboleggiare che i partiti hanno fatto due passi indietro. Senza troppo cavillare che se De Magistris non ha rinnovato la tessera Idv, Orlando a tutt’ora ne è un alto dirigente.
Va da sé che Di Pietro è soddisfatto: «Io ci sarò, orgoglioso di rappresentare l’unico partito di opposizione in parlamento e presente in tutte le istituzioni territoriali». Ferrero, del Prc, anche: «Rifondazione lavora per aggregare in questo quarto polo tutte le realtà che si sono opposte alle politiche del rigore di questo governo», «si tratta di uscire decisamente dalle politiche del rigore che ABC hanno appoggiato». Diliberto, del Pdci, pure: «Il perno di questo progetto sono uguaglianza e legalità , da tempo le nostre stesse coordinate. Credo che, a partire da questi temi, un confronto con il Pd e il centro-sinistra non sia solo auspicabile ma sia anche possibile». E Angelo Bonelli e Mary Luppino, co-portavoci dei Verdi ed EcoCivici.
Il rischio però è di qualche differenza di troppo: Prc e l’area di Cambiare si può escludono qualsiasi alleanza con il centrosinistra; il Pdci la auspica; Di Pietro e De Magistris si destreggiano fra sfide al Pd e ultime chiamate. L’appello con i dieci punti «per l’alternativa di governo» (legalità e solidarietà , stato laico, scuola pubblica, una seria politica antimafia, cultura e disarmo per lo sviluppo del paese, democrazia sui luoghi di lavoro, candidati competenti e questione morale con la cancellazione delle leggi ad personam) lascia aperte entrambe le opzioni. C’è infatti chi canta vittoria leggendone l’incipit che esclude ogni rapporto con chi ha appoggiato il governo tecnico: «I promotori sono espressione della società civile e della politica pulita che vuole costruire un’alternativa di governo al berlusconismo e alle scelte liberiste del governo Monti». E chi invece ne valorizza il finale possibilista: «Per realizzare gli obiettivi del Manifesto si decide di aprire il confronto con i movimenti e le forze democratiche del Paese». Quindi anche con il partito «democraticoa»? Mai, per Massimo Torelli di Alba: «Non ho dubbi che si lavorerà a una lista di cittadinanza attiva saldando Cambiare si può e il Movimento arancione, ma tenendo lontani i fantasmi della sinistra arcobaleno e della vecchia maniera di fare politica, alla Diliberto». E così dopo il 21, speriamo che arrivi il 22: e cioè l’appuntamento, già convocato da Cambiare si può a Roma, al teatro Quirino, per un’assemblea finale che saldi tutte le sfumature dell’arancione e del rosso. Del resto le contraddizioni sono destinate ad essere spazzate dall’atteggiamento dello stesso Pd, poco incline ad allargare l’argine sinistro della coalizione, dov’è Sel di Vendola. Anche nel caso in cui Monti decida di correre per la premiership.
Intanto la lista civica c’è. E i partiti accettano di fare i «due passi indietro» che da più parti è stato chiesto in questo week end di mobilitazione (in 10mila hanno partecipato alle iniziative di Cambiare si può in tutt’Italia). Ancora ieri lo avevano ribadito Gino Strada, Moni Ovadia e Fiorella Mannoia, in un appello che ha fatto il giro della rete, con la richiesta a Idv e Prc di rinunciare a nome e simbolo. E al movimento di organizzarsi «rapidamente in un unico progetto di unione civica arancione in vista delle elezioni».
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