by Sergio Segio | 14 Dicembre 2012 11:30
E così è, senza dubbio, per il partido popular, che sta sfruttando appieno l’occasione di imporre al Paese un’epocale svolta ideologica nascondendo dietro il paravento della crisi una metodica opera di annichilimento dello stato sociale: l’istruzione pubblica boccheggia, abbandonata a se stessa, con gli investimenti sulla ricerca ridotti dell’80% e le tasse universitarie aumentate del 20; la sanità percorre a velocità crescente la china della privatizzazione (solo a Madrid 6 ospedali stanno per passare in mani private e, dopo la tassa sulle ricette mediche, l’ultima trovata è far pagare 10 euro per i trasporti non urgenti in ambulanza); e anche la giustizia è stata risucchiata dal gorgo «riformatore» dei popolari, che ha messo a punto, tramite il ministro Alberto Ruiz Gallardà³n, una legge che smonta e archivia il concetto di giustizia gratuita e universale. Da ora, infatti, chi ricorrerà ai tribunali civili dovrà pagare una tassa variabile tra i 100 e i 1200 euro (per un ricorso al Tribunale supremo). Restano esclusi i processi penali e le cause a tutela di diritti fondamentali, familiari o di minori, ma è davvero una magra consolazione che non attenua la gravità e l’aggressività ideologica di questo colpo di mano del Pp.
Un giro di vite che ha suscitato la preoccupazione di tutto il settore della giustizia, che mercoledì scorso ha scioperato protestando davanti ai tribunali delle principali città spagnole contro il «deterioramento della giustizia causato da queste misure». Giudici, avvocati e funzionari hanno esibito striscioni con slogan contro la legge Gallardà³n e hanno chiesto al ministro il ritrito immediato della riforma.
Nessuna apertura è stata tuttavia concessa dal titolare della Giustizia, che ha difeso il provvedimento e ha anzi rilanciato, accusando i giudici di strumentalizzare la riforma per fare pressione contro i tagli agli stipendi.
Una dichiarazione che ha suscitato la reazione sdegnata dei magistrati: «Il ministro non è capace di creare spazi di dialogo», ha ribattuto il portavoce dell’associazione Jueces para la democrazia. Alle proteste si sono uniti anche i sindacati e l’opposizione, che ha duramente criticato la riforma, parlando di «un ennesimo passo indietro sulla strada dei diritti».
Intanto i giuristi hanno richiamato l’attenzione sul germe di diseguaglianza incubato dalla riforma, che rischia di generare il paradosso di una giustizia per soli ricchi, sulla scia di quanto sta già avvenendo a scuola e sanità . Gallardà³n si è difeso dicendo che la legge prevede l’esenzione dal pagamento per i redditi bassi. Ma la questione strettamente economica è solo la parte superficiale di un problema sostanziale (su cui il ministro tace), che verte sulla limitazione del diritto di libero accesso alla giustizia, dato che l’obbligo del pagamento costituisce di per sé e a prescindere dalla condizione reddituale un deterrente al ricorso alla giustizia.
Benché non gravato dal pagamento delle nuove tasse, anche l’ambito penale subisce gli effetti della riforma Gallardà³n, che prevede, tra le varie misure, l’istituzione del «carcere permanente reversibile» (un ossimoro che camuffa l’introduzione dell’ergastolo) e della custodia de seguridad (custodia di sicurezza), una misura che stabilisce un periodo di detenzione supplementare alla pena carceraria originaria per soggetti recidivi e condannati per crimini di particolare gravità . Alla custodia de seguridad (che può durare fino a un massimo di 10 anni) possono essere aggiunte – secondo la legge – misure di libertà vigilata senza limitazioni di tempo.
Il «carcere perpetuo reversibile» – bizzarra formula che allude alla possibilità di convertire l’ergastolo in una pena determinata in caso di recupero del detenuto (come in Italia, ndr) – sarebbe applicabile solo ai reati di terrorismo, ma resta in ogni caso il primo velato tentativo, dall’inizio del novecento, di introdurre l’ergastolo nel già rigido ordinamento penale spagnolo; sulla custodia de seguridad (mutuata dal codice penale tedesco) basti dire che è già stata dichiarata incostituzionale dal tribunale europeo dei diritti umani.
Non è un caso, infatti, che entrambi i provvedimenti abbiano suscitato le obiezioni del Consejo general del poder judicial (l’equivalente del nostro Consiglio superiore della magistratura), incaricato di vagliare il testo della legge. Il Consiglio ha ravvisato caratteri di incostituzionalità nella contraddizione tra la finalità rieducativa della pena detentiva stabilita dalla costituzione e il carattere permanente della pena proposta da Gallardà³n. Il dubbio di incompatibilità con le norme costituzionali incombe anche sulla custodia di sicurezza, dato che, potendo perpetuarsi all’infinito in forma di libertà vigilata, viola il diritto di certezza dei termini della pena.
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