In orbita il missile balistico La Nord Corea contro tutti

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PECHINO — Per la prima volta un razzo lanciato dalla Corea del Nord raccoglie un riconoscimento dall’arcinemico americano: il razzo Unha-3 è «effettivamente riuscito» a mettere in orbita il satellite Kwangmyongsong-3, facendo esultare il regime di Pyongyang e scatenando le reazioni preoccupate di tutta la comunità  internazionale, Cina compresa, Iran escluso. L’exploit tecnologico di un Paese con abitanti per un terzo malnutriti lava l’onta di precedenti lanci falliti, l’ultimo nell’aprile di quest’anno. Scene d’esultanza nelle strade della capitale, toni più stentorei e commossi che mai alla tv di Stato. Ne esce rafforzato di fronte all’élite militare il ventinovenne Kim Jong-un, terzo in successione della dinastia nazional-comunista che governa il Paese dal dopoguerra. Il timore, che sa di certezza, è che si tratti di un test sulla capacità  di minacciare con testate belliche direttamente il territorio statunitense.
Alla Corea del Nord, che ha effettuato in passato anche due test nucleari, sono vietati esperimenti balistici. Aveva finto che l’annunciato lancio dovesse slittare, e invece ieri mattina alle 9 e 49 locali l’Unha-3 si è alzato dalla base di Sohae. Il primo stadio del razzo è caduto in mare a ovest della penisola coreana e, dopo la caduta del secondo, altri frammenti sono precipitati al largo delle Filippine. I nordcoreani assicurano che si tratta di un’operazione «pacifica» con un satellite meteo ma che «comunque è nostro diritto». Si è riunito il Consiglio di Sicurezza dell’Onu, che vede violate due risoluzioni (la 1718 e la 1874) che sanzionano Pyongyang: immediata la condanna.
Anche tutti gli obiettivi non dichiarati sembrano centrati in un sol colpo. Il lancio è la degna celebrazione del centenario della nascita di Kim Il-sung, padre della patria; ne commemora il figlio Kim Jong-il, il Caro Leader morto il 17 dicembre dell’anno scorso; piomba nel cuore della campagna elettorale in Giappone, dove domenica 16 si vota per il Parlamento; e agita le presidenziali del 19 dicembre in Corea del Sud, che potrebbero premiare Park Geun-hye, figlia del dittatore di destra Park Chung-hee morto nel ’79, sostenitrice di una linea intransigente verso il Nord. Non solo: l’ostentazione di forza turba un Estremo Oriente già  agitato dalle contese marittimo-territoriali, anticipando l’insediamento di Barack Obama la cui amministrazione ha parlato di «provocazione». E alla Cina, patrona riluttante di Pyongyang, segnala che il giovane Kim intende essere trattato politicamente da adulto.
Proprio Pechino, pur invitando tutti a mantenere il sangue freddo, non ha nascosto l’irritazione per «la mancanza di riguardo per le preoccupazioni della comunità  internazionale» e insiste sulla denuclearizzazione della penisola. «Per Giappone, Sud Corea e Usa — spiega al Corriere Shi Yinhong, ascoltato analista di questioni strategiche dell’Università  del Popolo — questo trionfo degli scienziati del Nord significa una maggior minaccia. La Cina s’indigna, ma poi abbozza. Di fatto la situazione non cambia granché. E non è che la Cina possa o debba controllare da sola la Corea del Nord: è tutta la comunità  internazionale che lo deve fare. Negli ultimi anni non c’è riuscito nessuno». «Il razzo è pirotecnia politica militarmente senza significato», twitta il direttore dell’Istituto Nautilus, Peter Hayes, specializzato in studi sulla Nord Corea. Ma con i fuochi d’artificio ci si può fare molto male.
Marco Del Corona


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