Il tifone che non fa notizia

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Un bilancio impressionante, e forse non ancora completo. Tanto che il presidente Benigno Aquino jr ha dichiarato lo stato di calamità  naturale, cosa che dovrebbe permettere alle autorità  locali di imporre un controllo sui prezzi dei beni essenziali (contro accaparramenti e speculazioni tanto frequenti in questi casi) e anche accedere a fondi speciali per i soccorsi.
Il «Tifone Pablo» – così è stato chiamato nelle Filippine – era largo 700 chilometri quando ha investito Mindanao, portando abbastanza pioggia da provocare alluvioni e frane. Le più colpite sono le province orientali, Compostela e Davao Orientale. A New Bataan, principale città  della Compostela Valley, mumerosi edifici – inclusi i rifugi d’emergenza approntati dalle autorità  – sono stati spazzati via o sepolti da frane e fiumi di fango. Se il numero dei morti e dispersi è terribile, la situazione dei sopravvissuti ora è allarmante. Nelle zone colpite mancano cibo e acqua potabile, circolano notizie di saccheggi. Le tv mostrano da giorni immagini della Compostela Valley immersa nel fango, le piantagioni di banane che fanno l’economia locale letteralmente rase al suolo, e famiglie allineate lungo la strada con cartelli che chiedono cibo. Una squadra di operatori umanitari dellle Nazioni unite, arrivata sul posto per valutare gli interventi necessari, ha trovato «il 100 per cento di distruzione», nelle parole della portavoce Imogen Wall, e ha avvertito che la popolazione avrà  bisogno di aiuto per parecchio tempo: «È una zona povera, dove tutti dipendono dall’agricoltura. Con i raccolti distrutti, senza altra fonte di reddito, non saranno in gradi di mettere in tavola del cibo per le loro famiglie», ha detto all’agenzia France Presse. Poi ci sarà  da valutare il danno alle infrastrutture – decine di ponti e diverse strade danneggiate, la rete di duìistribuzione idrica, i tralicci dell’energia elettrica.
I tifoni non sono cosa rara nelle Filippine, anzi se ne conta circa una ventina ogni anno, sempre accompagnati da morte e distruzione. L’anno scorso il tifone Washi ha ucciso 1.500 persone a Mindanao settentrionale, dove ha fatto straripare diversi fiumi. Questa volta prima dell’arrivo di Bopha-Pablo, che si annunciava più forte di Washi, il governo aveva emesso allarmi e il presidente Aquino era andato in televisione per chiedere alla popolazione di non sottovalutare il pericolo. Truppe dell’esercito e soccorritori erano stati mandati preventivamente a Mindanao per organizzare i soccorsi. Anche se questo non è bastato. Mentre il tifone impazzava, il negoziatore filippino alla conferenza dell’onu sul clima, a Doha, aveva rivolto un appassionato appello ai delegati ad assistere le nazioni che ormai subiscono gli effetti del cambiamento del clima: «Se non ora, quando? Se non qui, dove?». Neanche lui ha fatto notizia.


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