Il Tar spiazza tutti: Lazio al voto il 3 febbraio

by Sergio Segio | 6 Dicembre 2012 8:19

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ROMA — Il Consiglio dei ministri deve affrontare due nodi che, se non risolti secondo le aspettative di Silvio Berlusconi, rischiano di minare i rapporti tra il Pdl e il governo. Che fine farà , dunque, l’election day, la data unica per le elezioni politiche e regionali cui il Cavaliere tiene molto, ora che il Tar ha intimato al governo di far votare nel Lazio il 3 e il 4 febbraio? E quale sarà  l’accoglienza in Parlamento per il decreto legislativo sulla incandidabilità  e la decadenza dei condannati in via definitiva che, nella sua ultima stesura, provoca mal di pancia tra i parlamentari del centrodestra? Con questa norma, frutto di una delega contenuta nel ddl anticorruzione, argomentano nel Pdl, con un occhio ai processi in corso anche a carico del Cavaliere, verranno espulsi dalle aule parlamentari e dal governo (per sei anni) anche i condannati in via definitiva a due anni per reati che prevedono nel massimo la pena oltre i 4 anni. Ecco, sono queste due le gatte da pelare nell’agenda odierna di Mario Monti.
Il Consiglio dei ministri, dopo due rinvii tattici, oggi decide sull’election day fermo restando che il Tar, con un decreto del presidente della seconda sezione bis Eduardo Pugliese, ha intimato al governo di far svolgere le elezioni nel Lazio il 3 e il 4 febbraio, annullando la delibera della governatrice uscente Renata Polverini che fissava il voto per il 10 e 11 febbraio. La decisione del Tar, che tornerà  a riunirsi in composizione collegiale il 20 dicembre, non consentirebbe deroghe per il Lazio mentre il governo ha ampia facoltà  di manovra per il Molise e la Lombardia (le altre regioni in cui si è reso necessario il voto anticipato): «Anche gli avvocati del ministero dell’Interno si erano espressi per il 3 febbraio, ma la Polverini ha ancora una volta piegato l’istituzione a speculazioni politiche», attacca l’avvocato Gianluigi Pellegrino che ha presentato il ricorso al Tar.
La fissazione del calendario, dunque, non sarà  una passeggiata. Il Pdl, che fino a ieri ha chiesto l’election day il 10 febbraio, ora si accontenterebbe di una data a marzo pur di non subire lo spezzatino del voto. Però Formigoni in Lombardia chiede il voto in tempi ben più brevi. E Bersani vuole le regionali prima delle politiche, confidando nell’effetto traino, mentre Vendola accetta l’election day: «Meglio anticipare che la paralisi», dice il leader di Sel.
L’orientamento del Quirinale prevede che il capo dello Stato (in queste ore in continuo contatto con il premier Monti) non possa sciogliere le Camere prima della seconda metà  di gennaio per andare a votare non prima di marzo, altrimenti si metterebbe a rischio la legge di Stabilità . Restando il voto obbligato il 3 e il 4 febbraio nel Lazio, l’election day riguarderebbe quindi le Politiche, la Lombardia, il Molise e le Comunali in 60 città  (Roma compresa): il 10 o il 24 marzo in modo da non far coincidere il ballottaggio delle Comunali con Pasqua. Il calendario, però, potrebbe anche essere modificato da un decreto legge che sfida il Tar e punta a posticipare le Regionali nel Lazio: accorpandole solo alle altre Regionali (10 febbraio) o addirittura anche alle Politiche e alle Comunali (marzo-aprile).
La nuova legge elettorale, intanto, è avvolta da una nebbia sempre più fitta anche se ieri si sono riaperte le trattative. Oggi, al Senato, Pd e Pdl si confronteranno in commissione in vista dell’aula slittata a martedì, cercando di non restare con il cerino acceso in mano. Chi si scotterà , infatti, dovrà  spiegare perché si vota di nuovo con il Porcellum e le liste bloccate.

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