by Sergio Segio | 21 Dicembre 2012 13:19
«TRA me e il vostro segretario — ha detto giorni fa scherzando a un ambasciatore del Pd — c’è una complementarità di stili e di talenti. E chissà che in futuro non abbia bisogno di un alleato al suo fianco, di provata lealtà ».
Insomma, Monti non riesce a considerare Bersani un «nemico ». Anzi, è convinto — quale che sia il ruolo che immagina per sé dopo le elezioni — di poter
esercitare sul segretario del Pd «un influsso positivo, dal punto di vista culturale e politico», per sottrarlo dai condizionamenti che il premier è sicuro che arriveranno da quello che considera «il fronte conservatore».
Un Bersani alleato con il Centro potrebbe dunque trovare in Monti un’utile sponda per rendere questi «condizionamenti» meno pesanti. È dunque con questo spirito che, da palazzo Chigi, cercano di non enfatizzare le parole del segretario del Pd contro il Professore. Chi lavora con il premier imputa l’attacco piuttosto alla giornata particolare, che ha visto Monti parlare a Melfi insieme a Sergio Marchionne, la bestia nera della Fiom e di Susanna Camusso. Insomma, per Bersani dire qualcosa contro il presidente del consiglio era quasi un atto dovuto e, in ogni caso, «si è trattato di una critica molto contenuta». Per il Professore finché Bersani difenderà , come ha fatto l’altro ieri a Bruxelles, la linea del rigore e l’agenda Monti, non ci saranno dunque ragioni di contrasto aperto. Nemmeno in campagna elettorale. Perché la bussola per valutare la distanza o la vicinanza con le forze politiche per Monti resta quanto fatto in questi tredici mesi a palazzo Chigi: «Salvaguardare il lavoro di quest’anno per me — ha spiegato — è una derivata insopprimibile ». In quest’ottica l’avversario comune resta Berlusconi.
Oltretutto se Bersani ha attaccato a freddo Monti la responsabilità è anche di chi – dagli alleati centristi ai giornali – ha dato già per ufficiale una scelta che, al contrario, il premier vuole comunicare a modo suo. Senza fretta e senza pressioni addosso, anche se provenienti dagli «amici». Una scelta formale ancora non è compiuta. «Finché
non mi dimetto – ripete Monti ho il dovere di seguire un percorso istituzionalmente corretto ».
Raccontano che ieri, alla lettura dei quotidiani, il capo del governo si sia molto arrabbiato per alcuni titoli sulla sua candidatura.
Tanto da aver meditato di disertare l’appuntamento a Melfi e il Consiglio dei ministri per «prendere il primo treno e tornarsene a Milano». Un’irritazione, dovuta alla fuga di notizie, che in serata è circolata nei palazzi romani. Dando persino la stura alle ipotesi più estreme, compresa quella di un ripensamento. E tuttavia tutti i protagonisti del nuovo centro confermano che il dado è tratto. Si tratta invece di sapere se sarà una sola lista a riconoscere la leadership di Monti oppure 2-3. Ancora i leader sono in alto mare. Montezemolo avrebbe fatto sapere di volersi candidare soltanto in presenza di due-tre liste, quelle dei politici e una – la sua, appunto – di società civile. Casini e Fini la pensano in maniera opposta e puntano su un soggetto unico. «Oltretutto questi di Italia Futura – sibila un centrista – non riescono nemmeno a raccogliere le firme e mancano di candidati. Farebbero bene ad abbassare un po’ la cresta». Lo stesso Monti, benché faccia ripetere all’esterno che «ancora non ha deciso», sta calibrando i passi migliori per la sua “discesa in campo”. L’ultima idea che intende gettare sul tavolo gli è venuta in mente il giorno in cui è andato a trovare Marco Pannella in clinica per lo sciopero della sete. Vuole imporre a tutti i candidati della sua lista la pubblicazione on-line del patrimonio, degli immobili, delle partecipazioni, delle azioni. Una vera anagrafe patrimoniale dei candidati, analoga a quella a cui ha obbligato i ministri del suo governo. Anche questo un segnale di un possibile impegno diretto in politica. L’altro elemento che fa ben sperare gli organizzatori del campo centrista è il nuovo lessico adottato dal presidente del Consiglio. Abbandonati i toni da cattedra della Bocconi, ieri a Melfi Monti si è lasciato andare a un eloquio più comprensibile alla massa degli elettori. Più da campagna elettorale.
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