Il Pd si smarca dall’Udc e cerca un «altro» centro

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ROMA — Pier Luigi Bersani lo aveva spiegato ai suoi un mesetto fa, giorno più, giorno meno: «Non inseguiamo più Casini, se vuole, deve essere lui a venire da noi». Contrariato per quello che giudica «un eccesso di tatticismo» da parte del leader dell’Udc, il segretario del Partito democratico ha deciso di invertire la rotta. E di costruirsi un centro fatto in casa.
Sì, perché Bersani sa bene di non potersi presentare alle elezioni solo con Sel (i socialisti verranno inglobati nelle liste del Pd). Perciò da qualche tempo ha maturato il convincimento che occorra tenere nella coalizione una pattuglia di moderati. Tanto più se resterà  il Porcellum, magari con una soglia del 40 per cento per il premio di maggioranza: con questo sistema è meglio avere più liste alla Camera, mentre al Senato si andrà  tutti in un unico listone. E infatti il segretario del Partito democratico tesse la sua tela anche con i sindaci Giuliano Pisapia, Michele Emiliano e Marco Doria: loro dovrebbero organizzare una sorta di raggruppamento civico con dentro i verdi di Angelo Bonelli, altre formazioni tipo Libertà  e giustizia, e gli scissionisti del Idv (ieri in un angolo buio della Camera, seduti su un divanetto, Maurizio Migliavacca e Fabio Evangelisti hanno parlato a lungo dell’argomento).
Ma tornando al «centro fai da te» del Pd. L’obiettivo massimo sarebbe quello di coinvolgere le Acli di Andrea Olivero, il presidente della provincia di Trento Lorenzo Dellai, il ministro Andrea Riccardi, un pezzo della Cisl tramite Raffaele Bonanni, una fetta della Coldiretti, e, potendo, anche qualche esponente di «Italia futura», oltre che Bruno Tabacci e Giacomo Portas, che con la sua lista dei «Moderati per il Piemonte» ha un bel gruzzolo di consensi in quella regione, e che già  collabora con il Partito democratico, visto che è deputato indipendente nel gruppo del Pd. Sono serbatoi di voti che darebbero consistenza ai moderati filo-Pd. Dopodiché se Casini vuole aggregarsi, ben venga, ma se dice di «no» i Democrat se ne faranno una ragione.
È questo l’obiettivo massimo di Bersani ed è un obiettivo difficile da raggiungere. Anche perché, come ha rivelato sul sito «Lettera 43» Ettore Colombo, un giornalista addentro alle segrete cose della Chiesa e del mondo cattolico, gli ambienti che gravitano attorno al presidente della Cei Angelo Bagnasco sono contrari all’ipotesi di un’alleanza elettorale tra una parte del cosiddetto gruppo di Todi e il centrosinistra. Forse l’operazione sarebbe più agevole se venisse coinvolto Beppe Fioroni, che ha buoni rapporti Oltretevere. Il responsabile Welfare farebbe una sorta di separazione consensuale con il Pd e lavorerebbe per allargare il perimetro dell’area dei moderati disposti a collaborare con il centrosinistra. Ma Fioroni al momento è restìo a intraprendere questa strada.
Se l’obiettivo massimo si rivelasse una missione impossibile, allora Bersani, con il pragmatismo che lo contraddistingue, è pronto a ripiegare su un progetto meno ambizioso. Cioè quello di dare vita a una lista centrista alleata del Pd di più modeste proporzioni con Giacomo Portas, Bruno Tabacci e qualche altro esponente dell’Api di Francesco Rutelli. Tanto il Porcellum prevede che il quorum per una lista collegata si abbassi fino al 2 per cento. Una cifra che può essere agevolmente raggiunta e anche superata da una formazione siffatta. È chiaro che al termine di questa strada, dopo le elezioni, nascerebbe il soggetto politico unitario che il segretario accarezza nei suoi sogni: «il grande Pd».
Ma c’è un possibile intoppo. E al Partito democratico stanno valutando con attenzione anche quello con l’occhio rivolto alle mosse dell’imprevedibile Silvio Berlusconi. Grazie al Porcellum, alleandosi anche con la Lega e «spacchettando» il centrodestra in diverse formazioni, l’ex presidente del Consiglio non punta certo a vincere, perché sa che non è più il tempo dei successi, ma a mettere in piedi una coalizione che si attesti attorno al 27 per cento. In questo modo Berlusconi ritiene che, grazie all’apporto fondamentale della Lega in Lombardia e Veneto, il centrosinistra non riuscirà  a ottenere la maggioranza al Senato. E a quel punto si riaprirebbero tutti i giochi: il Cavaliere, a sorpresa, potrebbe spianare la strada al Monti bis, giocando un ruolo da protagonista per la costituzione di questo esecutivo. È un sospetto che non circola solo nel Partito democratico…


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