Il mito dell’eugenetica, una storia in nero
L’ eugenetica è giovane. Cominciò nell’800 a far parlare di sé. È quel ramo della genetica che si proponeva il progressivo miglioramento della specie umana utilizzando l’incrocio tra individui portatori di caratteri favorevoli. O, per essere meno generici, di sviluppare le qualità innate di una razza. Nel suo etimo c’è quell’eu — in greco significa bene, buono — che ne ha condizionato la storia. Il termine eugenismo lo coniò nel 1883 Francis Galton, cugino di Darwin, anticipando di una ventina d’anni l’invenzione della parola genetica. Insomma, è la prima scienza contemporanea sull’ereditarietà . Ma a dare ad essa dignità accademica e scientifica fu Karl Pearson, professore di matematica applicata all’University College di Londra (ha lasciato il suo nome anche nelle scienze statistiche, tra l’altro per lo studio delle cosiddette «Curve di densità »).
Ora un libro di Lucetta Scaraffia edito presso la Morcelliana, con un saggio di Oddone Camerana, ricostruisce l’avventura di tale disciplina: Per una storia dell’eugenetica. Il pericolo delle buone intenzioni. Descrive, con documentazione notevole e chiarezza, il quadro delle élite culturali di numerosi Paesi occidentali che hanno ideato e diffuso questa nuova ideologia tra la fine dell’800 e i primi decenni del secolo scorso. Senza dimenticare che l’eugenetica ha causato un terremoto culturale, le cui scosse hanno investito anche la letteratura (è il tema di Camerana).
Lucetta Scaraffia affronta la questione con «sguardo nuovo», cercando le radici del pensiero eugenetico in Malthus e Darwin. Quest’ultimo, padre delle teorie evoluzionistiche, diede un contributo notevole alla «cancellazione dell’idea che l’essere umano è privilegiato in quanto figlio di Dio, creato a sua immagine e somiglianza». Non aveva forse scritto ne L’origine dell’uomo che abbiamo le medesime intuizioni, sensazioni, passioni, affezioni ed emozioni dei primati? La divulgazione scientifica del secondo Ottocento creò il terreno favorevole. E l’eugenetica, nota la Scaraffia, «offriva finalmente agli uomini di scienza l’occasione di uscire da laboratori e università per diventare famosi e, di conseguenza, raccogliere fondi per le loro ricerche». Gli aspetti culturali si trasformano in fenomeni biologici. La razionalità scientifica diventa razionalità politica. Nel 1919 il premio Nobel per la medicina Charles Richet potrà scrivere nel suo fortunato La sélection humaine: «Dopo l’eliminazione delle razze inferiori, il primo passo nella via della selezione è l’eliminazione degli anormali. Proponendo con risolutezza questa soppressione degli anormali, io sicuramente vado a urtare la sensibilità della nostra epoca… preferisco i bambini sani ai bambini tarati… non vedo nessuna necessità sociale di conservare questi bambini tarati».
Le teorie eugenetiche, nate in Inghilterra e Francia (e quelle sull’ereditarietà criminale in Italia, con Lombroso), conosceranno uno straordinario successo in Svizzera, Scandinavia, Germania, negli Usa. Negli Stati Uniti pazienti dei manicomi, criminali e devianti furono sterilizzati: si parla di 30 mila casi tra il 1907 e il 1939; tuttavia le sterilizzazioni, ricorda Lucetta Scaraffia, «continuarono ad essere praticate fino agli anni Settanta». Nel 1926 nel cantone di Berna si era cercato di imporre la sterilizzazione alle donne «troppo prolifiche»; la Danimarca cominciò nel 1929 quella per «gli internati negli asili psichiatrici». E in Svezia? Se tra il 1935 e il 1976 si praticarono oltre 60 mila sterilizzazioni, la coppia Gunnar e Alva Myrdal — lui premio Nobel per l’economia nel 1974, lei per la pace nel 1982 — socialdemocratici e riformatori, furono grandi sostenitori dell’eugenetica.
Certo, è una storia che avrà nella Germania nazista un celebre capitolo, ma investì anche il mondo cattolico e le grandi democrazie. Nel 1910, per esempio, si leggeva sull’Enciclopedia Britannica, alla voce «civilizzazione», che il progresso dell’umanità avrebbe dovuto includere «il miglioramento biologico della razza attraverso l’applicazione delle leggi sull’ereditarietà ».
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