by Sergio Segio | 28 Dicembre 2012 8:22
ROMA — Lista unica o liste separate? Il tormentone rischia di durare ancora qualche giorno, perché si stanno valutando convenienze politiche, compatibilità , rivalità e opportunità di marketing elettorale. Entro Capodanno si avrà una parola definitiva, ma già oggi Mario Monti dovrebbe incontrare gli altri partner. Intanto Pier Ferdinando Casini descrive così la situazione: «Stiamo al lavoro per un’area di responsabilità nazionale. Ci sarà spazio per tutti coloro che credono nel valore della buona politica e nell’impegno della società civile». Poi aggiunge una postilla non irrilevante: «Non dovrà esserci spazio per opportunismi dell’ultima ora».
Chiaro riferimento alla corsa a salire sul carro di Monti, che si è già messo in moto, direzione Parlamento, anche se il suo conducente non ha ancora sciolto la riserva definitiva e resta appeso alla sua definizione di «super partes». Secondo Pietro Ichino, uscito con molto clamore dal Pd, «al Senato ci sarà una lista unica, perché la legge elettorale costringe a questa scelta, ma so che si sta lavorando per arrivare allo stesso risultato per la Camera». Ma anche Ichino aggiunge una postilla simile a quella di Casini: «Le liste saranno poi passate al vaglio di Monti per evitare che si possa riciclare la vecchia politica».
Quanto al simbolo e al nome, ci si sta ancora lavorando, ma l’ipotesi più probabile è che sia inclusa la locuzione «Agenda Monti». Non è esclusa neanche la dizione «per Monti presidente», anche se il premier non gradisce molto l’indicazione del suo nome.
Non ci saranno «ammucchiate», come le chiama il ministro Andrea Riccardi, per escluderle. Ma certo qualche apporto dai vecchi parlamentari ci sarà . La pattuglia del Pd, da Ichino fino ai popolari guidati da Lucio D’Ubaldo, è contenuta, ma può crescere. Tutto dipenderà dal listino dei garantiti: qualche escluso potrebbe decidere il salto. Ma ci sono anche ragioni politiche e l’uscita di Ichino ancora brucia. Il renziano Mario Adinolfi giudica «grave il silenzio» di Pier Luigi Bersani sul caso. Anche dal Pdl c’è un piccolo drappello pronto a trasbordare sul nuovo vascello. Ma saranno casi limitati, anche perché di posti liberi in lista ce ne sono pochi.
La prelazione, ovviamente, ce l’hanno i collaboratori più illustri del premier, a cominciare dai ministri. Il «Corriere di Bologna» indica come probabile capolista per l’Emilia Romagna il ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri. E se Antonio Ingroia potrebbe essere in lista con gli Arancioni e Pietro Grasso lo sarà con il Pd, al fianco di Luca Cordero di Montezemolo potrebbe scendere Stefano Dambruoso, ex pm antiterrorismo, che ha appena chiesto l’aspettativa al Csm.
Il Professore, e il suo team, in queste ore sono assediati dalle richieste, dagli endorsement, dalle autocandidature. Non sarà facile tirare le somme. Ieri ha dato il suo appoggio anche il Pli, Partito liberale italiano, che chiede un collegamento con la coalizione montiana. Anche i GayLib, l’associazione omosessuale di centrodestra, chiede udienza al premier. E dalle Confcooperative, sul fronte cattolico, filtra un sostegno al fronte montiano, con l’auspicio di una lista unica, «unica in grado di recuperare l’astensionismo».
La lista unica, dunque, resta la questione principale. C’è un problema di posti, ovviamente. E di quote. Benedetto Della Vedova (Fli) la vede così: «Sarebbe più efficace in termini di marketing elettorale un soggetto unitario che si rifaccia direttamente a Monti». Ma anche i contro pesano: tante liste vorrebbe dire avere tanti candidati che corrono sul territorio e portano voti. E poi la par condicio assegna tanto spazio quante sono le liste. Un rebus di ingegneria elettorale che sarà presto sciolto.
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