Hillary, la signora che non c’è il virus misterioso e il caso Bengasi

by Sergio Segio | 30 Dicembre 2012 7:17

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WASHINGTON. UN MESE fa era Presidente degli Stati Uniti 2016. Oggi è sulla copertina di tabloid per nulla credibili come il “National Enquirer” che la danno per morta, colpita da un tumore al cervello. Hillary Clinton è tornata al centro dell’attenzione.
LA DONNA che l’America non può fare a meno di odiare o di amare, è sotto i riflettori non per quello che ha fatto, ma per quello che non ha fatto. La signora che non c’è, si è fatta notare più di quando c’era. Da quando svenne e picchiò la testa il 13 dicembre scorso è scomparsa e il «Che fine ha fatto Hillary?» è diventato il gioco più appassionante di questa fine anno, insieme con il «Tutti giù nel Precipizio Fiscale».
Il mistero della «Hillary Desaparecida » ha sollevato il coperchio di tutte le possibili illazioni su questa signora sessantacinquenne con la quale gli americani devono vedersela da più di vent’anni, da quando irruppe sul palcoscenico dei media al braccio del marito Billy, nella campagna elettorale del 1990 e il pubblico decise di dividersi su di lei in maniera irriconciliabile. Chi la detesta appassionatamente sta insinuando che il suo malore e la testata sul pavimento della casa di Washington siano un trucco, un infortunio diplomatico per non presentarsi davanti al Congresso a spiegare che cosa accadde davvero a Bengasi, quando l’ambasciatore Stevens, suo diretto dipendente, fu lasciato solo e ucciso insieme con gli uomini della scorta. Chi la ama, giustifica queste settimane come il collasso inevitabile della tensione, dopo quattro anni di fatiche massacranti.
Anche quando non c’è, la signora che scandalizzò annunciando che «da First Lady non avrebbe fatto la parte di quella che passa le giornate a servire il tè coi biscottini», ma alla quale il marito deve la fedeltà  ferrea negli anni del Monicagate e dunque la propria sopravvivenza politica, può essere ignorata. Che ci siano malizie politiche o serie ragioni mediche dietro la sua lunga assenza dal Dipartimento di Stato, ancora suo fino al 20 gennaio, l’avvocato Rodham coniugata Clinton è un segno di contraddizione e di controversie.
«Quella lì si è fatta fare interventi di chirurgia plastica per ringiovanire e nascondere le rughe da vecchia» ha strepitato Ann Coulter, una delle odiatrici dei Clinton in servizio permanente effettivo. Ma chirurghi e pazienti ribattono che occorrono più di tre settimane per potersi ripresentare in pubblico senza mostrare i segni, le ecchimosi e le cicatrici del bisturi. E tre settimane, per riprendersi da un lieve trauma cranico, e costringerla al riposo assoluto senza neppure una foto, un cenno di saluto, una breve dichiarazione rassicurante, sembrano invece tante Per i repubblicani, che tengono in pugno la nomina del suo successore a Foggy Bottom, soprannome del Dipartimento di Stato, il senatore John Kerry, è un bluff pensato dai sempre diabolici due «Billary», Bill e Hillary, per non rendere conto del tragico fiasco libico, della confusione attorno alla Siria sull’orlo dell’anarchia, delle incertezze sui rapporti con l’Egitto di Morsi e sulla crisi nella relazioni con Israele. Hanno giurato, per «vedere» il bluff, di non dare il proprio consenso costituzionalmente richiesto a Kerry, fino a quando la Clinton non si presenterà  davanti alla commissione d’inchiesta sulla Libia.
La estrema reticenza del clan dei Clinton attorno all’incidente del 13 dicembre regala paglia al fuoco dei sospetti. Il marito, che al solito non era con lei al momento dell’incidente, non si fa vedere nè sentire e questo preoccupa. Nessun medico ha parlato e l’ospedale dove fu ricoverata in osservazione per qualche ora non ha emesso bollettini. I suoi addetti stampa sono rimasti fedeli alla laconica spiegazione iniziale. La signora soffriva di una fortissima infezione gastro-intestinale, un’afflizione alla quale va soggetta e che il milione e mezzo di chilometri percorsi in meno di quattro anni con tragici banchetti ufficiali ovunque non hanno alleviato. La disidratazione provocata dal virus ha provocato lo svenimento e la caduta, con lieve commozione cerebrale che sta superando con il riposo a casa. Già  in passato, durante la sua campagna elettorale del 2008, ebbe un mancamento, da quale si riprese. E disturbi gastro-intestinali sono frequenti nei viaggi estenuanti e nella visite di stato attraverso il mondo. La vomitata di George H. Bush, il 41esimo presidente, nel grembo dello sbigottito vicino, il premier giapponese Myazawa, durante un banchetto solenne a Tokyo è, dal 1987, parte della storia presidenziale.
E il mistero della signora desaparecida si potrebbe risolvere tra pochi giorni, nella prima settimana del gennaio 2013, quando Hillary Clinton dovrebbe tornare al lavoro e farsi rivedere in pubblico, anche per mettere calmi quei Repubblicani assetati di ogni pretesto per far dimenticare la catastrofe fiscale verso la quale hanno spinto l’America, nella loro ostinazione ideologica. Ma se le ipotesi di gravissime malattie e di cause ben più serie di un imbarazzo intestinale sono per ora confinate al sensazionalismo dei tabloidi da supermercato, si può essere certi che questo mese di assenza pubblica non sarà  dimenticato. La persona che è la quarta in ordine di successione costituzionale alla Casa Bianca, dopo il vice di Obama, il presidente della Camera e il presidente di turno del Senato, non può sparire dalla scena giustificandosi con un attacco di dissenteria e una zuccata, senza dare notizie sulle proprie condizioni. Nel caso dovesse davvero correre per la poltronissima nel 2016, i trenta giorni di vuoto saranno un buco nero che potrebbe inghiottirla.

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