Gli atei perseguitati

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L’ International Humanist and Ethical Union (IHEU), un’associazione che riunisce persone non religiose e raggruppa oltre 120 organizzazioni di atei, umanisti e razionalisti da oltre 40 paesi del mondo, ha presentato alle Nazioni Unite il suo rapporto annuale sulla libertà  di pensiero, che mostra quali sono i paesi dove l’ateismo viene limitato e perseguito dalla legge.

I paesi che puniscono l’ateismo e l’apostasia (l’abbandono formale e volontario della propria religione) con la pena di morte, generalmente secondo leggi anti-blasfemia, sono sette. In tutti questi paesi la religione di stato è l’Islam: Arabia Saudita, Pakistan, Afghanistan, Maldive, Iran, Mauritania e Sudan. Il Pakistan è il paese dove vengono eseguite più condanne a morte contro gli atei.

In alcuni paesi, tra cui l’Egitto o l’Indonesia, le leggi contro l’incitamento religioso, presenti anche nei paesi occidentali, vengono usate specificatamente per colpire i cittadini che professano l’ateismo pubblicamente o che diffondono testi ateisti o umanisti. Altri paesi invece permettono l’ateismo ma limitano i diritti degli atei, per esempio i diritti matrimoniali o alcuni servizi pubblici.

Negli Stati Uniti, un paese dove l’appartenenza religiosa viene affermata dappertutto, anche sulle banconote, gli atei rappresentano una delle minoranze meno tollerate. In alcuni stati americani, tra cui Maryland, Mississippi e Tennessee, fino a una sentenza della Corte Suprema nel 1961 agli atei non era permesso esercitare cariche pubbliche. Oggi alcune di queste leggi sono ancora formalmente in vigore, seppure siano inapplicabili.


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La legge – approvata con 151 voti favorevoli (Pdl, Lega Nord e Coesione nazionale), 129 contrari (Pd, Idv, Udc, Per il Terzo Polo Api-Fli) e nessun astenuto – di conversione (in .pdf) del decreto-legge prevede alcune piccole modifiche al testo iniziale del decreto-legge (in .pdf) ed entrerà  in vigore il giorno dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della promulgazione da parte del Presidente della Repubblica. La legge, inoltre, estende da 5 a 7 giorni il termine entro il quale uno straniero deve lasciare il territorio nazionale su ordine del Questore, nel caso non sia stato possibile il trattenimento presso i centri.

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