Fisco, condonate le mini cartelle Ricongiunzioni gratuite fino al 2010

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ROMA — Strappato dall’oblio il decreto sviluppo con un colpo di reni, a pochi giorni dalle dimissioni il governo tenta anche il salvataggio della legge di attuazione del principio costituzionale del pareggio di bilancio. E nel frattempo si assicura l’approdo della legge di Stabilità  con alcuni emendamenti importanti, concordati con i relatori di maggioranza, su pensioni, ammortizzatori sociali e Fisco. La vera novità  è l’estinzione automatica delle cartelle esattoriali di importo fino a 2.000 euro emesse prima del 31 dicembre 1999. La rottamazione dei ruoli del secolo scorso è stata introdotta con un emendamento dei relatori, che hanno anche presentato le attese proposte di modifica per le ricongiunzioni previdenziali per i dipendenti pubblici, che saranno gratuite per chi è passato dal pubblico impiego all’Inps prima del luglio 2010, i fondi per gli ammortizzatori sociali in deroga e per allargare la platea dei beneficiari dei finanziamenti agevolati per la ricostruzione post terremoto in Emilia e in Lombardia.
Prestissimo dovrebbero arrivare anche gli emendamenti che alleggeriscono il patto di Stabilità  interno per gli enti locali e quelli per riformulare la Tobin Tax, mentre il governo sta mettendo a punto una tabella, da allegare al ddl, con la proroga di alcune imminenti scadenze di legge, che sostituirà  il classico decreto milleproroghe di fine anno. Nella legge di Stabilità  dovrebbero confluire anche il decreto per sanare le infrazioni alla normativa Ue e, forse, alcune norme per garantire un trapasso meno traumatico alle Province. La legge sarà  in Aula al Senato il 17, dovrebbe essere approvata il 18 ed andare alla Camera per il via libera definitivo atteso il 20 dicembre.
Ieri sera, intanto, la Camera ha votato la fiducia al governo sul decreto sviluppo. I sì sono stati 295, i contrari 78, mentre i deputati del Pdl si sono astenuti. L’approvazione definitiva del decreto è attesa per questa mattina. Lunedì, nell’Aula della Camera, arriverà  anche il decreto Ilva, anche questo accompagnato dalla richiesta del voto di fiducia, dopo la messa a punto del testo operata oggi dal governo con un emendamento che consente la vendita dei prodotti realizzati prima dell’entrata in vigore dello stesso decreto.
L’attenzione, a questo punto, si sposta sulla legge che garantisce il pareggio di bilancio. Camera e Senato hanno iniziato l’esame in contemporanea, caso alquanto raro se non unico, e naturalmente sono arrivati a conclusioni diverse. Il Senato propende per affidare la nuova Autorità  di bilancio, che dovrà  garantire la correttezza contabile e l’applicazione dei criteri Ue, ad un organo monocratico mentre la Camera si era orientata su una commissione di tre membri. Ma se il Senato aveva deciso due giorni fa di gettare la spugna, la Camera ieri ha approvato il «suo» testo, a larghissima maggioranza, con una piccola apertura: il presidente del nuovo organismo avrà  poteri maggiori rispetto agli altri componenti. La legge, però è passata con il parere contrario del governo, che appoggia senza troppe riserve la soluzione elaborata dal Senato.
Al Senato il governo tenterà  nuovamente di modificare il testo, presentando anche altri emendamenti, e non dovrebbe aver difficoltà  ad ottenere il via libera di Palazzo Madama. Molto più arduo sarà  il successivo, necessario, ritorno alla Camera: è una legge «rafforzata» che deve essere approvata a maggioranza assoluta dalle due Camere. E a Montecitorio, anche dopo l’astensione di ieri del Pdl, l’operazione rischia di essere complicata.


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UOMINI E NO

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Non è un problema tecnico. Non c’era bisogno di particolari competenze ingegneristiche o finanziarie per capire, fin dal 21 aprile di due anni fa, quando al Lingotto fu presentato in pompa magna, che il piano «Fabbrica Italia» stava sulle nuvole. Anche un bambino si sarebbe reso conto che quella produzione da aumentare dalle 650.000 auto del 2009 al milione e 400mila del 2014, quel milione di veicoli destinati all’esportazione di cui «300.000 per gli Stati Uniti» (sic!), quel raddoppio o poco meno delle unità  commerciali leggere (dalle 150 alle 250mila) in meno di quattro anni, erano numeri sparati a caso. Così come quei 20 miliardi di euro d’investimenti in Italia (i due terzi dell’intero volume mondiale del Gruppo Fiat!), senza uno straccio d’indicazione sulla loro provenienza, senza un piano finanziario serio e trasparente, erano un gigantesco buio gettato sul tavolo verde.

La patrimoniale ci consentirà  di Ridurre subito il Debito

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Caro direttore,
temo che i meri appelli alla crescita sottovalutino i rischi per l’economia e la democrazia impliciti nel debito pubblico italiano. Da tutti i punti di vista.
Sul piano patrimoniale, il governo Berlusconi ha fatto credere che la ricchezza finanziaria e immobiliare del settore privato costituisse una garanzia di fronte ai creditori del settore pubblico.

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