by Sergio Segio | 10 Dicembre 2012 7:38
TARANTO — Evacuare il quartiere Tamburi, quello più vicino all’Ilva, e trasferire i 20mila residenti in una nuova zona della città , una new town. A lanciare la proposta è stato ieri il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini. «L’evacuazione — ha detto — è una delle possibilità . Sappiamo che le caratteristiche abitative del quartiere sono tali per cui alcune aree risultano più esposte. Queste possono essere evacuate, ovviamente se gli abitanti sono disponibili ».
Quella di Clini non è esattamente una boutade. Nel senso che fa riferimento a un’idea già strutturata dal sindaco, Ippazio Stefano, nei mesi scorsi. «L’idea — aveva detto Stefano — è quella di mettere a disposizione del Comune le aree di proprietà demaniale, un tempo a disposizione della Marina Militare, ormai in disuso ». Il progetto riguardava in particolare le cosiddette case parcheggio, un enorme condominio a pochi passi dalle ciminiere del siderurgico. «In quei tuguri — spiega il sindaco — vivono più di duecento famiglie in condizioni di enorme disagio. L’inquinamento nel loro caso è un’aggravante. Se il governo accogliesse la mia proposta ci vorrebbe poco per regalare una casa dignitosa a questa gente».
Ora Clini è andato oltre, proponendo uno spostamento dell’intero quartiere. Dietro l’idea in realtà c’è anche una paura che l’Ilva e gli enti locali hanno ben chiara da qualche settimana a questa parte. La storia è quella, raccontata da Repubblica nei giorni scorsi, delle 149 cause civili presentate da cittadini del Tamburi contro l’Ilva lamentando il deprezzamento delle loro abitazioni. Cifra richiesta, nove milioni di euro. Nel giro di pochi giorni si è aggiunta un’altra trentina di cittadini, il giudice ha nominato un perito esterno per valutare il danno effettivo: se fosse confermata la tesi dei denuncianti (ed è difficile che possa accadere il contrario, viste le perizie chimiche e sanitarie che documentano che a causare l’inquinamento sia stato proprio lo stabilimento siderurgico) Ilva sarebbe chiamata a un importantissimo sforzo economico. E non potrebbe essere la sola. Lo stabilimento ha già chiamato nel procedimento la Provincia e lo stesso potrebbe fare con gli altri enti: «Noi — dice l’Ilva — abbiamo sempre lavorato con tutte le autorizzazioni in regola».
Quindi, la difesa, se abbiamo creato danni, la colpa non è nostra ma al massimo di chi ci ha autorizzato. La cifra del risarcimento è destinata a salire in maniera importante: secondo una stima dell’associazione ambientalista Peacelink, sino a sei miliardi.
«Ma se pensano di evacuare il quartiere Tamburi — attacca l’avvocato Filippo Condemi, che sta seguendo la causa civile — vuol dire che non hanno alcuna intenzione di coprire i parchi naturali. Quindi, ci stanno prendendo in giro. E una mossa del genere non li salverebbe dal risarcimento civile che devono ai tarantini».
La proposta di Clini non piace nemmeno all’assessore regionale all’Ambiente, Lorenzo Nicastro. «Non so se il ministro è in possesso di dati diversi da quelli in possesso della Regione Puglia. Francamente io trasecolo. Si crea così — afferma Nicastro — un allarmismo assolutamente ingiustificato rispetto ai dati in nostro
possesso. Se poi il ministro ha dati diversi lo deve dire. Allora facciamo evacuare il rione Tamburi, poi Taranto e poi la Puglia…». Duro anche il commento delle associazioni ambientaliste: «Ma Clini è lo stesso che diceva che con l’Aia il problema inquinamento a Taranto sarebbe stato risolto? Le sue dichiarazioni sono molto gravi e preoccupanti».
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