by Sergio Segio | 5 Dicembre 2012 7:29
MILANO — Il continuo aumento dei costi di costruzione. Il calo della domanda di energia elettrica in tutta Europa. L’occasione di fare cassa per abbassare ulteriormente il debito. È questo il tris di motivi che ha portato Enel a dare l’addio ai sogni di gloria nucleare in Francia. L’ex monopolista ha esercitato il diritto di recesso e ha venduto il 12,5% della joint venture con il colosso transalpino Edf, incassando un rimborso di 613 milioni per le spese sostenute. Fondi che potranno essere messi già a bilancio per il 2012 e che contribuiranno ad abbassare la quota del debito di Enel sotto i 43 miliardi così come promesso dal management al mercato finanziario.
L’alleanza Edf-Enel era impegnata fino a ieri alla realizzazione di cinque centrali, di cui una sola in costruzione a Flamanville, in Normandia. È proprio il cantiere a due passi dal Canale della Manica ad avere provocato il divorzio tra i primi due gruppi in Europa del settore elettrico. Soltanto lunedì scorso, Edf ha annunciato la revisione al rialzo — l’ennesima — dell’impianto di Flamanville: ora costerà 8,5 miliardi di euro, 2 miliardi in più rispetto all’ultima stima, e circa il doppio rispetto al costo inizialmente previsto. Edf ha, comunque, confermato la data di entrata in esercizio per il 2016, quattro anni dopo il termine originale.
Costruito dal gruppo francese Areva — controllato dal governo di Parigi esattamente come Edf — quello di Flamanville è una delle quattro centrali in costruzione secondo la tecnologia Epr (European pressurized reactor) in costruzione nel mondo. Il secondo si trova in Europa, a Olkiluoto in Finlandia la cui entrata in funzione è stata posticipata a data ancora da definirsi, per gli stessi problemi (difficoltà tecniche e rialzo dei costi) del gemello in Normandia. Gli altri due sono in fase di realizzazione a Taishan, nella Cina sudorientale.
Difficoltà che non nasconde nemmeno Enel, tanto da aver messo nero su bianco che questa è una delle ragioni per cui ha preferito lasciare la Francia: «La realizzazione di Flamanville ha subito ritardi e incrementi nei costi. Questa situazione è aggravata dalla significativa flessione nella domanda di energia elettrica e dall’incerta tempistica per ulteriori investimenti nel nucleare in Francia».
Una scelta che si accoppia con la fine del disegno di rinascita atomica in Italia, rilanciato nel 2008 dall’amministratore delegato del gruppo Fulvio Conti con l’appoggio del governo Berlusconi, che prevedeva la realizzazione di quattro impianti atomici nel nostro paese.
In questo caso, le ragioni che hanno affossato il progetto nel nostro paese sono da ricercare nell’incidente di Fukushima in Giappone e conseguente esito del referendum del 2011, nonché dalla crisi delle finanze pubbliche.
Questo non significa che Enel esca dal settore dell’energia nucleare. Anzi: la società copre il 14 per cento della sua produzione totale di elettricità grazie all’atomo e, soprattutto, grazie alle centrali delle sue controllate in Spagna (di proprietà del gruppo Endesa) e in Slovacchia (del gruppo Slovenske Elektrarne).
Il divorzio tra Enel ed Edf, infine, non dovrebbe avere ripercussioni “politiche” tra i governo di Roma e Parigi. Ne è convinto il ministro della Attività produttive Corrado Passera: «L’Enel ha fatto i suoi ragionamenti ed ha valutato che l’investimento fatto non era in linea con le sue aspettative: avendo l’opzione di uscire l’ha esercitata ».
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