Digitale, veloce e fai da te. Ecco il libro del futuro alla conquista del web e dei grandi marchi
Sono ormai decine i moderni scrittori fai-da-te che vendono i loro libri direttamente ai propri lettori, senza danneggiare le foreste pluviali e ricavandone anche un discreto utile. Spiega Helen Fielding, fortunata autrice dei libri di Bridget Jones: «Nell’era della rete, il passaparola si diffonde come non era mai accaduto prima, perciò sospetto che il fenomeno dell’autopubblicazione è destinato ad aumentare ».
Il piccolo cavallo di Troia che ha incoraggiato una tale rivoluzione editoriale è qualcosa che magari possedete già . Nel 2007, Amazon ha lanciato per la prima volta negli Stati Uniti il lettore digitale Kindle e da allora l’e-reader del gigante commerciale è diventato un fenomeno internazionale. Ne sono appena state lanciate nuove versioni perfezionate: il Kindle Paperwhite e il Kindle Fire HD. Esistono anche altri e-reader dedicati – Kobo, Nook, Sony Reader, Samsung E61 – ma il Kindle è quello che riscuote più successo. Secondo la società di sondaggi YouGov, su un totale di 1,33 milioni di e-reader regalati lo scorso Natale in Gran Bretagna, 1,22 (pari al 92%) erano Kindle. I tablet come iPad, invece, assommavano soltanto a 640.000. Nel corso del 2011, secondo la Publisher Association, tra i consumatori inglesi le vendite di libri digitali sono aumentate del 366% rispetto all’anno precedente, con un fatturato di 92 milioni di sterline. E quest’anno il boom è continuato: in agosto è arrivata la notizia che in Gran Bretagna, per la prima volta, le vendite di e-book, su Amazon, hanno superato quelle dei tascabili e delle edizioni con copertina rigida. A settembre è stato annunciato che nella prima metà del 2012 le vendite di romanzi digitali hanno registrato un aumento del 188% rispetto allo stesso periodo del 2011.
Naturalmente, gran parte dei libri digitali che il pubblico divora sono opera di autori famosi e provengono da case editrici tradizionali. Ma contemporaneamente al lancio del Kindle, Amazon ha commercializzato, senza pubblicizzarla troppo, anche una cosa che si chiama Digital Text Platform. L’evento non ha suscitato grande impressione fino a quando i Kindle non hanno cominciato ad essere venduti in quantità enormi e Amazon, nel 2011, ha deciso di cambiare il nome della piattaforma in Kindle Direct Publishing (KDP). Usando KDP, chiunque abbia scritto un’opera letteraria può inserirla direttamente nello Store Kindle. Questo sistema ha riscosso un successo enorme: lo scorso settembre Amazon ha annunciato che tra i suoi 100 libri digitali più venduti ce ne sono almeno 27 pubblicati attraverso la piattaforma KDP.
Amazon riconosce agli autori che pubblicano attraverso KDP due possibili percentuali sui diritti, secondo il prezzo al quale l’autore sceglie di vendere il proprio libro. Essenzialmente, se il vostro libro viene venduto ad un prezzo fino a 1,48 sterline (1,85 euro), avrete il 35% delle royalty; se lo vendete a una cifra superiore, riceverete il 70%. Paragonando queste cifre a quelle dei diritti d’autore tradizionali che, se siete fortunati, possono arrivare al 15%, è facile vedere immediatamente l’enorme vantaggio dell’autopubblicazione. Se mettete il vostro romanzo in vendita su Amazon a 2,86 sterline, basterà venderne solo 500 copie per guadagnarne più di mille (Amazon attualmente aggiunge una tassazione del 3% al prezzo del vostro e-book, che voi verserete poi direttamente al fisco).
Alcuni autori hanno guadagnato molto più di queste cifre. Del Kindle Million Club – l’associazione non ufficiale che raccoglie gli scrittori che hanno venduto un milione di e-book – fa parte anche un gruppo ristretto di scrittori di successo che hanno scelto di autopubblicarsi, come gli americani John Locke e Amanda Hocking, specializzati rispettivamente in romanzi gialli e racconti paranormali. Di questo club fa parte anche la scrittrice inglese EL James, pseudonimo di Erika Leonard. La sua serie di
Cinquanta sfumature di grigio ha visto la luce su Internet nel 2009 come fanfiction, basata sui personaggi di Twilight ed è poi stata riscritta in chiave “soft-porno”, modificando il nome dei personaggi, per poi essere caricata su KDP. Successivamente la serie ha ottenuto un contratto editoriale standard e da allora si ritiene che i guadagni percepiti dalla James superino le 640.000 sterline alla settimana.
Ma la pubblicazione fai-da-te non è sempre la via più rapida per abbandonare il lavoro di tutti i giorni. Un’indagine svolta da Taleist.com, un sito specializzato per gli scrittori che si autopubblicano, è giunta alla conclusione che la somma media guadagnata l’anno scorso da questo tipo di autori è stata di circa 6.236 sterline. Benché questa somma rappresenti una cifra dignitosa per arrotondare il reddito principale, va detto che il 50% degli scrittori che si autopubblicano ha guadagnato meno di 310 sterline. Altri astuti autori autopubblicati stanno scoprendo in fretta i trucchi del mondo degli e-book. Agli inizi di quest’anno ne ho incontrati a decine al convegno dal titolo How to Get Published (“Come farsi pubblicare”) organizzato a Londra da The Writers’ & Artists’ Yearbook, dove abbiamo ascoltato l’intervento di Kerry Wilkinson, un giornalista sportivo di 31 anni che, con 250.000 copie, è stato l’autore più venduto dell’Amazon Store in Gran Bretagna negli ultimi 3 mesi del 2011. Per Wilkinson la scoperta fondamentale è stata che i campioni gratuiti di e-book disponibili nel Kindle Store equivalgono esattamente al 10% di ogni volume. «Così ho risistemato un pochino il mio libro, facendo in modo che il campione gratuito del 10% coincidesse esattamente con il punto in cui si chiude il terzo capitolo, il che ha creato una certa suspense».
L’era letteraria del Kindle è spesso paragonata alla rivoluzione che l’MP3 ha portato nella musica negli anni Novanta. Ma la moda dell’autopubblicazione assomiglia di più allo scossone che è stato il punk rock negli anni Settanta. Uno dei siti di self-publishing assicura: «Puoi creare bestseller elettronici anche se non hai mai scritto più di una cartolina!», il che ricorda la rivista punk che nel 1977 pubblicò tre accordi di chitarra e scrisse «Adesso formate una band».
Ma l’industria si sta già adattando al fenomeno dell’autopubblicazione. Così come l’industria musicale, alla fine degli anni Settanta, aveva trasformato il fenomeno punk rock in una fonte di profitto, così gli editori tradizionali si stanno accaparrando gli autori fai-da-te di maggior successo. Kerry Wilkinson ha firmato un accordo a sei zeri con Pam Macmillan per sei libri. In ottobre si è saputo che è stato siglato un altro contratto milionario tra la Coronet, di proprietà di Hodder & Stoughton, e lo scrittore trentenne Nick Spalding. L’accordo riguarda anche due commedie romantiche, Love…From Both Sides, e Love… And Sleepless Nights, che sono già stati autopubblicati riscuotendo un buon successo.
La mega-fusione anglo-tedesca tra Penguin e Random House, annunciata lo scorso 29 ottobre, è stata interpretata da molti come un modo per concentrare le forze contro i sapientoni di Amazon, Apple e Google. L’accordo, che dovrebbe essere perfezionato il prossimo anno, creerà un gigante globale dell’editoria con profitti potenziali superiori ai 270 milioni di sterline. Pearson, proprietario di Penguin, ha dichiarato che la nuova società non soltanto investirà in modo cospicuo nel settore degli e-book, ma sarà «più disponibile a sperimentare nuovi modelli nell’affascinante mondo, in continua evoluzione, dei libri e dei lettori digitali».
Molti addetti ai lavori prevedono che gli e-book e il fenomeno dell’autopubblicazione continueranno a crescere. Ma ci sono ancora delle resistenze: l’idea stessa della lettura elettronica divide gli autori più affermati. «A me pare», dice Penelope Lively, «Che una persona la cui biblioteca consista in un Kindle appoggiato sul tavolo sia un fissato insensibile». Il romanziere americano Jonathan Franzen, all’inizio di quest’anno, aveva espresso le sue critiche nei confronti dei libri digitali, sostenendo che mancano del «senso di permanenza ». Helen Fielding dice di non aver intenzione di usare un Kindle: «personalmente, mi piace stare alla larga dalla tecnologia quando voglio rilassarmi, perciò non voglio un e-book perché mi ricorderebbe il lavoro e probabilmente continuerebbe a impallarsi e a fare cose strane, ma questa è solo un’opinione personale». Jilly Cooper invece non ha un Kindle. «Non te lo puoi portare nella vasca», dice, «e l’idea di andare in vacanza con mille libri è così deprimente: non avrei il tempo di frequentare nessuno, non ti pare?».
© The Sunday Times Magazine / NI Syndication (Traduzione di Antonella Cesarini)
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