Dalle alluvioni all’afa record l’anno che sconvolse il clima
ROMA — Non solo caldo. Il 2012 del clima impazzito è costellato di record nei più vari fenomeni meteo. Come in un frullatore, il Pianeta ha sofferto siccità (Stati Uniti) e alluvioni (parte dell’Europa e Africa), gelo estremo (800 vittime in Europa tra gennaio e febbraio e un bis in corso in Russia in questi giorni) e caldo senza precedenti. Negli ultimi dodici mesi si sono registrate le temperature più alte della storia negli Usa. In alcuni stati l’inverno non è ancora pervenuto e 356 località americane nel corso dell’anno hanno superato il loro personale record di temperatura. Nell’Artico il passaggio a nord-ovest si è ormai confermato come utile via commerciale nei mesi estivi. La stagione degli uragani è stata più lunga del normale e si è conclusa con una Sandy che ha mietuto vittime (190 secondo il bilancio ufficiale) per migliaia di chilometri dai Caraibi agli Appalachi.
Sulle montagne russe è salita anche l’Italia, con un’estate calda e siccitosa compensata dalle alluvioni autunnali (a novembre al centro-nord è caduta due volte e mezzo la pioggia normale). L’autunno è stato il terzo più caldo dal 1800 (1,6 gradi sopra la media), mentre l’estate torrida ha un solo precedente negli ultimi due secoli: il famigerato 2003. Il 2012 nel suo complesso si piazza al quarto posto nella storia, secondo i dati del Consiglio nazionale delle ricerche.
Tanti eventi estremi hanno smosso perfino i sondaggi negli Usa. Un mese dopo l’uragano Sandy il 69 per cento degli abitanti dello stato di New York si è detto convinto che all’origine di tanta devastazione c’è il cambiamento climatico. Dodici mesi con temperature continuamente al di sopra della media, una siccità mai vista nei precedenti 50 anni (iniziata nell’estate e protratta fino al cuore dell’inverno, con 2.300 contee che hanno dichiarato lo stato di calamità naturale) e un Mississippi che il 30 agosto ha toccato il minimo di sempre e oggi sta provocando lo stallo dei trasporti (per la settimana prossima è previsto il blocco totale della navigazione a St. Louis) hanno fatto aggrottare le sopracciglia alla nazione. La crisi economica al momento congela le acque. Ma per il futuro nell’agenda di molti paesi del mondo ci sono nuove tasse sulle emissioni di gas serra e una revisione dei premi assicurativi.
Non è un caso che oggi a prendere sul serio il clima impazzito sia soprattutto chi i suoi danni li deve ripagare. Le compagnie assicuratrici (e quelle riassicuratrici) sono state chiamate a sborsare 50 miliardi di dollari negli ultimi 12 mesi, registrando il più concretamente doloroso fra i record meteorologici del 2012. I danni da maltempo hanno una caratteristica particolarmente invisa agli assicuratori: seguono una spirale fuori controllo, e dagli anni 80 sono andati raddoppiando ogni decennio. «Quello delle assicurazioni – spiega Evan Mills dell’università di Berkeley in un rapporto su Science – è il settore economico più grande del mondo con i suoi 4,6 trilioni di ricavi. È naturale che faccia sentire il suo peso nel dibattito pubblico». Lo studio di Mills cita le varie iniziative messe in cantiere dalle compagnie assicuratrici per combattere il cambiamento climatico, dalla riforestazione delle mangrovie nel sud-est asiatico alla riduzione dei premi per i clienti che hanno case efficienti dal punto di vista energetico. Niente di decisivo, ma un piccolo segnale di cambiamento in un anno in cui acqua, fuoco, gelo e siccità si sono perversamente stretti la mano per flagellare tutti insieme il Pianeta.
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