Cresce il tasso di fiducia Ma il 60 per cento preferisce che non scenda in campo

by Sergio Segio | 22 Dicembre 2012 7:54

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ROMA — Il 60 per cento degli italiani è contrario a che Mario Monti si candidi alle prossime elezioni, ma la fiducia in lui è cresciuta nell’ultima settimana, passando dal 33 al 38%. È quanto emerge da un sondaggio realizzato dall’Istituto Swg in esclusiva per Agorà , trasmissione di Rai Tre.
I due dati sembrano apparentemente in contrasto. Il fatto è che «il terreno davanti a Monti è molto aperto», dice Renato Mannheimer, sociologo, docente di Analisi dell’opinione pubblica. Secondo cui la stima e il consenso personale nei confronti del premier «superano il 40 per cento, puntando decisamente verso il 50 per cento».
Mannheimer fa un paragone che forse aiuta a capire la contraddizione. «È come se una ragazza, (gli italiani nel nostro caso), avesse accettato un invito a cena (da Monti), è un primo passo: quello che capiterà  dopo, se capiterà , dipende tutto da come va la cena». La cena nel nostro caso «è l’immagine televisiva che Monti darà  di sé».
Ciò non toglie che sempre secondo il sondaggio Swg (realizzato nei giorni 18-19 dicembre), una lista unica di centro — che comprendesse Casini, Fini Montezemolo — guidata da Monti raggiungerebbe il 15,4 per cento. Senza il Professore, invece, le liste di centro avrebbero 6 punti percentuali in meno, attestandosi al 9,4 per cento. Numeri, si deve aggiungere subito, che non sono in crescita, perché sostanzialmente stabili da due mesi, dal momento che fotografano la stessa situazione che era già  presente il 21 e il 22 ottobre, quando si è svolto il convegno di Todi 2 (erano queste le cifre che circolavano di quei giorni).
Sembra quindi di dover concludere che è proprio la persona del Professore in quanto tale a fare la differenza. Monti è infatti — sempre secondo Swg — il personaggio politico del 2012 insieme a Matteo Renzi, che segue il Professore a distanza di un solo punto percentuale. Dopo il presidente del Consiglio e il sindaco di Firenze, i personaggi politici più apprezzati in questo ultimo anno sono Beppe Grillo (17%) e Giorgio Napolitano (11%). Sotto la soglia del 10 per cento Silvio Berlusconi (7%) e Bersani (5%). Chiudono la classifica il segretario del Pdl Angelino Alfano (2%) e il ministro Fornero (1%).
Monti e solo Monti, dunque. Tanto è vero che per il 15 per cento degli intervistati Monti dovrebbe candidarsi da solo, mentre il 10 per cento ritiene che debba farlo con il centro, che comprende Casini, Fini e Montezemolo. E sono solo gli elettori di centro che per metà  (il 53 per cento) vogliono la sua discesa in campo. Per l’8 per cento degli italiani, invece, il premier dovrebbe unirsi al centrodestra (in cui c’è anche il Pdl), e il 7 per cento è convinto che sia la formazione di centrosinistra quella a lui più affine.
Naturalmente, la vera partita è iniziata solo ieri con le dimissioni del governo tecnico e avrà  certamente a che fare con i contenuti, in gran parte economici, della campagna elettorale. «Meno tasse, più lavoro: è quello che gli italiani desiderano maggiormente per il nuovo anno», spiega Roberto Weber, presidente di Swg. Grande attesa anche per la ripresa economica, auspicata dal 39 per cento degli intervistati; attesi anche i tagli alla «casta», voluti dal 34 per cento del campione. La stabilità  politica è agognata dal 9 per cento degli italiani, mentre il 6 per cento vorrebbe più servizi e meno burocrazia.
La sondaggista più ascoltata da Silvio Berlusconi, Alessandra Ghisleri di Euromedia Research, invita alla cautela dal momento «che al momento nessuno è in grado di fare previsioni sulle prossime elezioni». La pensa nello stesso mondo Antonio Noto di Ipr Marketing che ritiene che «i tasselli non sono ancora andati tutti a posto: se cambia una sola delle variabili cambia tutto». Il sondaggista di Ipr Marketing ritiene per esempio che due attori del panorama politico potrebbero «modificare lo scenario politico» e far pesare la bilancia elettorale da una parte o dall’altra. «Se Matteo Renzi facesse in maniera attiva campagna — prosegue Noto — o se figure che hanno acquisito credibilità  istituzionale come Renato Schifani fossero accanto al Cavaliere» sarebbero «un forte valore aggiunto».

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