Corsa per salire sul carro del Professore

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ROMA — Alfredo Mantovano, ex an ed ex sottosegretario del governo Berlusconi, ha deciso: «Passo nella lista Monti. E spero che molti altri colleghi mi seguano». Dall’altra parte, dopo il caso di Pietro Ichino, c’è un altro piccolo drappello che studia il da farsi, aspettando di capire se avrà  una poltrona garantita o se dovrà  giocarsi la partita pericolosa delle primarie. Nell’attesa che Mario Monti e i suoi alleati sciolgano gli ultimi dubbi su come si presenteranno — se con una lista unica o più liste separate — gli ex parlamentari fanno i conti con la propria coscienza, con le proprie opinioni politiche (spesso mutevoli) e con la speranza di essere ricandidati (e il timore di non farcela).
Monti confida in una squadra che contenga anche un drappello di ministri: si parla tra gli altri di Renato Balduzzi e Mario Catania (forse in quota udc). Nel Pdl, invece, il quadro sembra abbastanza chiaro. Hanno deciso di abbandonare il partito riberlusconizzato Franco Frattini (che però si ricandiderebbe solo in una lista montiana separata, non con Casini e Fini), Giuliano Cazzola e Beppe Pisanu. Insieme a loro, sono pronti a indossare la casacca montiana gli ex an Mantovano e Gennaro Malgieri. Ma anche l’eurodeputato Mario Mauro, uno degli uomini più potenti di Cl, che avrebbe già  depositato due simboli: «Italia popolare» e «Costituente popolare». Un modo per non dover raccogliere le firme ed essere pronti, nel caso (improbabile) che si optasse per una lista di ex pidiellini.
La pattuglia dei dirigenti pdl che sembrava irrequieta — Gaetano Quagliariello, Maurizio Lupi e Raffaele Fitto — si è invece ricompattata con il Cavaliere. Gianni Alemanno non ha sciolto la riserva ma sembra intenzionato a restare. Cazzola la vede così: «Ho l’impressione che Berlusconi abbia calamitato tutti. Io pensavo di non ricandidarmi, poi è arrivata questa novità  di Monti che mi ha attizzato». Curiosità  che deve convivere con la perplessità : «Mi chiedo se Monti si renda conto di cosa voglia dire presentarsi in tutte le circoscrizioni. Ho l’impressione che ci sia scarsa organizzazione. Tra l’altro mi pare che non ci siano ancora referenti stabili, è tutto per aria».
Nel Pd, la fuoriuscita di D’Ubaldo (e di altri tre parlamentari) ha accresciuto i sospetti che non sia finita qui tra i popolari: «Ho sentito Enrico Letta usare la sgradevole espressione “campagna acquisti”: davvero volgare. Mi sembra del tutto legittimo per noi popolari scegliere. Nel Pd ci sentivamo quasi ospiti: ci stavamo come risposta emergenziale al berlusconismo. Ora si è sciolto il ghiaccio della cortina di ferro. Monti ha fatto una grande operazione: ha costruito un’alternativa democratica, tenendo ben fermo il confine a destra».
Ma non sfugge a nessuno che qualche tentazione riguardi una questione meno ideale: la poltrona sicura. I garantiti, cioè i parlamentari nominati dalla segreteria del Pd, saranno solo un centinaio. Gli altri dovranno cavarsela con le primarie. In molti casi — se non hanno appoggi sul territorio o non sono in sintonia con la maggioranza del partito — sono battaglie perse in partenza. Perché non provare con Monti? «So che alcuni ci stanno pensando — conferma D’Ubaldo — ma facciano attenzione a dare motivazioni serie». Bosone ha deciso di non ricandidarsi: «Vedo che c’è il tana liberi tutti, ma io resto presidente di Provincia e non cerco poltrone. Anche perché mi chiedo come si faccia a conciliare l’economicismo montiano con il solidarismo cattolico».
C’è un’altra pattuglia sotto osservazione: i renziani. Stefano Ceccanti, uno dei deputati più attivi, confida nella segreteria: «Spero che il Pd voglia utilizzare ancora le mie competenze». Se non fosse tra i garantiti, andrebbe con Monti? «Se non servissi al Pd, tornerei all’università . Credo che convenga anche a Bersani che nel partito ci sia una minoranza che faccia da trait d’union con Monti». Quanto agli altri, Giorgio Tonini è quello che ha le maggiori chance di essere inserito nel «listino»: anche perché, essendo uomo di Veltroni oltre che deputato molto attivo, dopo l’addio di Walter sarebbe uno sgarbo non ricandidarlo. Enrico Morando resterà  fuori un giro, mentre Salvatore Vassallo, deputato prezioso al Pd anche per le sue competenze tecniche, ha deciso di combattere la battaglia delle primarie: «Voglio essere legittimato dai cittadini».


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