Confindustria rinvia la crescita al 2014 Grilli: ripresa nel 2013

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ROMA — «Siamo lontani dal punto di svolta, la ripresa arriverà  solo nel 2014 e sarà  molto piccola, dobbiamo essere realisti: questo è il periodo peggiore da quando è iniziata la crisi». Il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, che boccia il giudizio sprezzante di Silvio Berlusconi sullo spread — «ma come si fa a dire che non è importante?» — riconosce dai dati forniti dal suo centro studi l’esistenza di «qualche segnale di assestamento», come il minor calo del Pil nel 2012 a -2,1% rispetto alle stime del 2,4%, ma il quadro resta molto negativo. Con una pressione fiscale «insostenibile» del 53,9% al netto del sommerso, e con le incertezze della politica che pesano come una micidiale cappa sulla ripresa. Il ministro dell’Economia Vittorio Grilli, nel corso di un’audizione alla Camera, risponde ai timori di Confindustria confermando l’arrivo della crescita nella seconda metà  dell’anno prossimo. Dunque «nessun ritardo» nell’azione di governo. Una prospettiva che sembra accreditata anche dagli ultimi dati Istat sull’export: nei primi nove mesi dell’anno è cresciuto del 3,5% con punte del 6,5% nel Centro Italia.
Per Squinzi, commentando la possibilità  che Mario Monti scenda in politica, «quello che conta è che esca un governo stabile, chiunque si presenti e ottenga una maggioranza popolare, Monti o chiunque altro, è il benvenuto». In questa fase transitoria il leader degli imprenditori è preoccupato che nel dibattito politico «stia prevalendo la discussione sui candidati e non quella sui programmi economici per stimolare la crescita». Del problema dello sviluppo se ne è fatto carico Fulvio Conti, vicepresidente di Confindustria e responsabile del centro studi. «Al governo Monti va dato il merito di aver fermato l’emorragia finanziaria e ristabilito la credibilità  dell’Italia in Europa e di aver tracciato una linea chiara verso il pareggio di bilancio — ha detto Conti — ma questo ha significato una somma di manovre per 104 miliardi di euro fino al 2014, gran parte provenienti dalle tasse, finendo così per ridurre la crescita».
Il quadro delle previsioni che viene dipinto dalle cifre del centro studi non è entusiasmante: il Pil va in negativo anche nel 2013 a quota -1,1% (quasi il doppio rispetto alle precedenti stime di -0,6%), gli investimenti nel 2012 crollano dell’8,2%, e torneranno a crescere solo nel 2014 (+2,1%) anno in cui il tasso di disoccupazione arriverà  a toccare il 12,4%. Per fortuna l’inflazione torna dentro i range europei a 1,8% nel 2013 e 1,6% l’anno successivo (quest’anno chiude a +3,1%) mentre l’indebitamento della pubblica amministrazione scende dal 3,9% sul Pil del 2011 all’1,8% nel 2014.
Il ministro dello Sviluppo Corrado Passera, ospite alla presentazione degli scenari economici confindustriali, vede il bicchiere mezzo pieno e spiega che il tasso di disoccupazione cresce perché aumenta il numero delle persone che cercano lavoro per via della crisi, e che l’Italia sta seguendo la Germania nella reazione al declino, accettando i sacrifici ma guardando al futuro. Per il ministro tocca «alla politica, insieme alla società  civile, disegnare il futuro sapendo che adesso ci sono cinque anni davanti». Squinzi condivide questa fiducia ma tiene a precisare che «sono le imprese che creano lavoro e ricchezza, non lo Stato» e che nel «nostro Paese si è radicata una cultura anti industriale, come la vicenda Ilva ha dimostrato, che va profondamente cambiata».
Roberto Bagnoli


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