Come nasce il potere delle parole: la grande trama degli affetti umani

by Sergio Segio | 1 Dicembre 2012 6:00

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«Lingua mortal non dice / quel ch’io sentiva in seno», o, prima ancora, Shakespeare: «Words, words, words». Il racconto che apre il Novecento letterario, la Lettera di Lord Chandos di Hofmannsthal, è la storia di uno scrittore che si vota al silenzio perché le parole — segni astratti e convenzionali, funghi ammuffiti — non dicono il fluire dell’esistenza.
C’è una tradizione, tuttavia, in cui «soltanto», a proposito delle parole, non è una limitazione negativa, non indica insufficienza e aridità , come per il protagonista di Nabokov. È la tradizione chassidica, la corrente mistica e gioiosa dell’ebraismo orientale, in cui parabole e leggende sono preghiere, racconti di verità . In una di queste parabole, riportata da Gershom Scholem, il più grande storico di mistica ebraica, si narra che quando Baà l-shem, il santo e maestro, doveva assolvere un compito difficile per il bene delle creature, andava in un posto speciale e segreto del bosco, accendeva magicamente un fuoco, diceva preghiere particolari e otteneva da Dio ciò che chiedeva.
Una generazione dopo, un suo successore, il Maggìd di Meseritz, quando si trovava dinanzi allo stesso compito, si recava in quel posto segreto del bosco e diceva quella speciale preghiera, ma non conosceva più il modo di accendere il fuoco, e otteneva ciò che chiedeva. Ancora una generazione dopo, un altro grande maestro non sapeva più né come accendere il fuoco né quale preghiera dire, ma si recava in quel luogo nascosto del bosco, ottenendo ciò che chiedeva. Ma, ancora una generazione dopo, un altro maestro che aveva la stessa esigenza, diceva di non conoscere più né l’arte di accendere quel fuoco né le formule di quella preghiera e nemmeno dove si trovasse quel luogo nel bosco, ma aggiungeva che di tutto questo poteva raccontare la storia e, raccontandola, otteneva ciò che chiedeva. E ogni volta che, nella cerchia dei chassidim, il narratore narra la storia di questa progressiva perdita, il suo racconto ottiene da Dio il dono richiesto; di quella realtà  restano soltanto le parole, ma le parole che narrano la storia di quella perdita la superano, perché hanno la stessa efficacia delle azioni compiute da quei santi nel passato.
Le storie, in questo senso, assomigliano alle preghiere: stabiliscono legami — religione deriva da religio, ciò che collega — trasmettono valori, dicono il senso delle errabonde vicende umane. Poche cose infatti uniscono, creano legami e amicizia, come raccontare storie, accadute a noi stessi o a qualche altro, ma che sono divenute parte di noi e che, rinarrate, diventano anche di altri, entrano nella loro vita. La cerchia chassidica in cui si raccontano storie è un coro in cui una voce si riconosce nelle altre, distinguendosi, ma anche confondendosi con le altre, in un epico scambio fra il mio e il tuo. Anche fra noi amici, talora non sappiamo bene cosa è accaduto all’uno o all’altro. Ma abbiamo le storie; le parole, non soltanto le parole.

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