Big Pharma rompe l’ultima frontiera “Basta una pillola anche per il lutto”

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Ma chi l’ha detto che solo il tempo può lenire il dramma di un lutto? Gli psichiatri americani hanno cambiato idea: aveva ragione Mary Poppins, basta una pillola «e tutto brillerà  di più». Di lutto, assicurano, si guarisce con gli psicofarmaci. Dopo aver inondato di Ritalin l’universo dei bambini scalmanati, ora hanno deciso di abolire la distinzione tra la sofferenza per la morte di una persona cara e la normale depressione, la soglia che fino a ieri impediva di annegare anche il dolore negli antidepressivi.
Un colpo di cancellino che vale miliardi per Big Pharma e che poggia su uno studio minuscolo nei numeri, pubblicato sul Journal of clinical psychiatry: assumendo Wellbutrin, una medicina venduta anche in Italia, 22 persone hanno ottenuto un miglioramento nei «sintomi di depressione maggiore subito dopo il lutto di una persona cara».
La nuova edizione del Dsm — il “Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali” della American psychiatric association (Apa), la Bibbia che detta le linee guida per i trattamenti psichiatrici — eliminerà  la clausola di tutela che aveva sempre impedito di diagnosticare il “lutto” come “disturbo depressivo maggiore” se i sintomi non sono gravi e se la loro durata non supera i due mesi. Allen Frances,ilprofessoreemeritodella Duke University che aveva presieduto la precedente revisione del Dsm, definisce il cambiamento una «manna» per le compagnie farmaceutiche. E la mole impressionante di conflitti di interesse tra gli autori della nuova edizione del Manuale è finita in prima pagina sul Washington Post: “Antidepressivi per curare il lutto? Psichiatri collegati alle industrie farmaceutiche dicono di sì”.
La quantità  di denaro sul tavolo è enorme: il mercato dei farmaci contro la depressione vale negli Usa 10 miliardi di dollari, e non è certo una garanzia di imparzialità  il fatto che undici membri del comitato scientifico dell’Apa abbiano dovuto dichiarare rapporti economici con le aziende farmaceutiche, come consulenze retribuite o il possesso di pacchetti azionari. Né lo è che l’autore della giustificazione scientifica per modificare le linee guida sia stato uno degli autori principali dello studio del 2001 sul Wellbutrin, sponsorizzato dalla GlaxoWellcome, in cui si affermava che può essere efficace per trattare il lutto.
«Non c’è nessun piano machiavellico ordito dall’industria farmaceutica — ha detto al Washington Post Lisa Cosgrove, ricercatrice del Safra center for Ethics a Harvard — ma quando hai così tanti legami economici in un comitato si crea un pregiudizio a vantaggio dell’industria che compromette la loro capacità  di rimanere obiettivi». Normalmente, la depressione viene diagnosticata quando una persona soffre contemporaneamente per più di due settimane di più di cinque sintomi come stanchezza, inappetenza, insonnia, tristezza o difficoltà  di concentrazione. Ma il lutto, fino a oggi, era considerata una partita a parte, una condizione temporanea della vita da cui è fisiologico finire a terra. Solo se non ci si riesce a rialzare per mesi, se la vita diventa sempre più nera, solo allora si parlava di depressione. E di antidepressivi.


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