Bersani: ora vedremo se il premier starà  sopra le parti o ne sceglierà  una

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ROMA — «Grande rispetto per Monti, ma aspettiamo di vedere se per lui salire in politica significa mettersi sopra le parti o piuttosto con una parte». Prende tempo il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani. E attende che il presidente del Consiglio uscente e candidato premier, Mario Monti, passi dai tweet ai fatti. L’annuncio della «salita» in politica ha trasformato il professore della Bocconi da alleato in probabile avversario. E Bersani non intende concedere aperture al buio.
Certo c’è l’agenda Monti. Ma, dice il segretario pd al Tg2, non contiene «nulla di sorprendente. Ci sono alcune cose condivisibili, altre un po’ meno, altre su cui si può discutere». In quella del Pd, per Bersani, sicuramente c’è «più lavoro, più equità  e più diritti».
Il candidato premier del centrosinistra non vuole bruciarsi con prime mosse affrettate. Così non replica a chi, come Pietro Ichino, ha lasciato le file del suo partito per unirsi ai montiani. Preferisce volare più alto e rivolgersi all’Europa, dove il ritorno di Monti viene visto con favore.
In un’intervista al Financial Times, apparsa ieri sul sito online, Bersani invia messaggi rassicuranti. Dichiara che «sarebbe pronto — sintetizza FT — a cedere più poteri sovrani sulla spesa pubblica a Bruxelles, in cambio di una maggiore libertà  di sostenere settori chiave dell’economia». «La prima cosa che vorremmo fare è rispettare i vincoli di budget, ma permettere maggiori graduali investimenti», spiega Bersani assicurando che intende dare continuità  alle decisioni prese da Monti per contrastare la crisi dell’eurozona. «Non voglio rinegoziare il fiscal compact (l’impegno preso in sede europea di ridurre debito pubblico e rispettare pareggio di bilancio ndr) o qualsiasi altro accordo — dice il segretario pd — ma dobbiamo guardare avanti». «Ci piacerebbe che l’Europa si concentrasse sulla crescita e sulla lotta alla recessione con la stessa tenacia con cui ha difeso l’unione monetaria», «altrimenti l’austerity, pur necessaria, da sola potrebbe diventare rischiosa a lungo andare», aggiunge. Ai tedeschi, i più grandi sponsor di un Monti bis, fa sapere che auspica un «serio, franco e amichevole rapporto con la Germania» e di essere «pronto a discutere» la loro proposta per un supercommissario Ue all’economia che monitori le politiche di bilancio nazionali. È un piano che «non mi spaventa, purché l’intenzione sia di costruire fiducia e permetterci, pur in maniera controllata e selettiva, politiche di più ampio respiro» volte alla crescita.
Ma per non perdere il vantaggio che i sondaggi hanno finora accordato al Pd il punto cruciale da affrontare è quello delle alleanze. Bersani sa che la posta in gioco, l’ambito voto dei moderati, costringe a mosse caute e difese serrate da accuse di estremismo. A quella di Pier Ferdinando Casini, di essere collocato «troppo a sinistra», vicino a Nichi Vendola, Bersani replica con un sorriso: «Quante complicazioni… Noi siamo il Pd, di gran lunga il più grande partito italiano, europeista e riformatore. Un partito alternativo a Berlusconi, alla Lega e ai populismi, aperto a discutere con chi è contro Berlusconi, la Lega e i populismi. Queste sono le nostre posizioni, gli altri decidano cosa fare. Certamente bisogna che queste posizioni escano dalle ambiguità ». Alla domanda se tema più Monti, Grillo o Berlusconi, Bersani risponde: «Io non temo nessuno», ma «dopo tanto tempo, il ritorno del messaggio berlusconiano non è una cosa bella per l’Italia». Soprattutto perché, secondo il Pd, viene amplificato in tv dalla presenza «straripante» e «abnorme» del Cavaliere. In una lettera all’Agcom ieri una decina di deputati del Pd (Zaccaria, Giulietti, Levi, Cuperlo, Giovanelli, Ciriello, Corsini, Fontanelli, Mazzarella, Melis, Peluffo, Pollastrini Touadì, Vita e Zampa) hanno chiesto i dati di questa disparità  tra Berlusconi e gli altri leader in tv negli ultimi 10 giorni che potrebbe influenzare la campagna elettorale.
Un’altra insidia per Bersani viene da dentro il partito. Tenerlo compatto non è facile. Le sirene liberal, oltre a Pietro Ichino, hanno già  conquistato quattro parlamentari e le voci (smentite) ne hanno già  dati in transito verso l’agenda Monti altri. L’area ritenuta più a rischio, malgrado le rassicurazioni dell’interessato, è quella di Matteo Renzi. Ieri da lì è giunta una critica dura al segretario Pd: «Bersani non deve attendere Monti. Deve rispondere ai quesiti di Ichino e spiegare lui quale identità  intende dare alla coalizione — ha dichiarato Mario Adinolfi —. Ancora non è chiaro se il Pd subirà  più le istanze del 14% che ha votato Vendola o del 40% che ha votato Renzi». Il presidente dei deputati pd, Dario Franceschini invita a stare uniti: «Con Monti può nascere un polo conservatore normale al posto del berlusconismo. Nostri avversari ma nelle emergenze anche alleati possibili».


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