Bersani non candiderà  gli ex ministri

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ROMA — «La scelta di candidarmi è una decisione radicale e sofferta della mia vita. Non nascondo che, prima di firmare la mia richiesta di dimissioni, sono stato con la penna in mano qualche minuto a pensarci e mi tremava la mano».
Entra così Pietro Grasso in politica. Con un pensiero, commosso, alla toga appesa al chiodo. Ma da «cittadino»: «perché ho sempre pensato che un magistrato non debba lasciarsi etichettare con nessun colore politico». In una lista che vedrà  la candidatura di altri «protagonisti di una riscossa civile del nostro Paese», annuncia orgoglioso il leader pd Pier Luigi Bersani che invece nega la presenza di ministri del governo uscente fra i candidati. «È un fatto di coerenza», dice il segretario del Pd che poi rivolge una frecciatina anche all’Osservatore Romano: «Ho letto una forte rivalutazione della nobiltà  della politica. Per me non è una sorpresa: penso alle nostre sindachesse della Locride. Ma se la politica è nobile, un po’ di stile non guasterebbe».
Sarà  Grasso il ministro della Giustizia del governo Bersani? «Intanto pensiamo a vincerle le elezioni», glissa il segretario del Pd. «Sono un debuttante della politica. Ora casa mia è il Pd che mi ha offerto questa opportunità  in tanta incertezza. E io mi sono messo a disposizione a 360 gradi» risponde Grasso, ma precisa che la sua non è né una «discesa», né una «salita» in campo: «Mi sposto. Dopo 43 anni in magistratura. Sono stato pretore, giudice, procuratore, collaboratore di Giovanni Falcone al ministero della Giustizia, consulente della commissione antimafia e procuratore nazionale antimafia. L’ho fatto con impegno e sacrifici. Ora penso di poter fare lo stesso. Da magistrato di idee alla politica ne ho date tante, ma quante ne sono state realizzate? C’è bisogno di una rivoluzione della giustizia, ovviamente democratica, che realizzi davvero ciò che tutti dicono di voler fare: lotta alla corruzione, alla mafia alle cricche».
Dal Pdl arrivano accuse dure. Per Fabrizio Cicchitto: «Si crede un demiurgo voluto dagli dei». Per Annamaria Bernini «Abbandona la casacca da arbitro con troppa repentinità ». Maurizio Gasparri invoca una norma che «non consenta di lasciare dalla sera alla mattina la toga. Scendono in politica togliendosi la maschera. Chi ci garantisce per l’imparzialità ?». «Ho avuto una funzione nazionale e non porterò mai fatti singoli che conosco in politica — rassicura Grasso — ma per coerenza ho chiesto di non candidarmi in Sicilia perché per buona parte della mia professione come procuratore ho svolto indagini molto profonde che hanno lasciato il segno anche nella politica».
Ma come è nata questa candidatura? «Sono sempre stato un uomo di sinistra, ferma restando l’indipendenza di giudizio», sottolinea Grasso. Ma la «scintilla» è scoccata al Quirinale. Il 17 dicembre, al brindisi di fine anno dal capo dello Stato, racconta Bersani, «mi sono trovato a dire a Grasso che le nostre intenzioni per le elezioni erano di mettere al primo posto lavoro e moralità , e quindi la legalità . Gli ho chiesto se poteva dare una mano». Grasso conferma, riferisce qualche esitazione e la decisione venuta «guardando il nipotino e pensando al suo futuro». Annuncia una rivoluzione del sistema giustizia graduale: «prima le cose più urgenti, poi le altre». Tra le questioni principali su cui intervenire cita la prescrizione, il falso in bilancio, l’autoriciclaggio e il voto di scambio: «Ma oltre a quello politico-mafioso, dovrebbe essere punito anche il voto di scambio che sfrutta la disperazione e illude la gente». Per lui invece «i sacrifici saranno necessari». Spera che l’apprezzamento della Chiesa per la moralità  di Mario Monti «venga esteso anche ad altri». Annota che la legge anti-corruzione del ministro Paola Severino «rappresenta qualche passo avanti» ma che «non risolverà  certamente i problemi della corruzione in Italia». E auspica possibili convergenze trasversali. «Se le stesse cose le dicono l’Agenda Monti e Antonio Ingroia ben venga la collaborazione».
Virginia Piccolillo


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