Bersani lancia le primarie dei candidati

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ROMA — Pier Luigi Bersani vuole «cambiare la politica» e, magari, rinfrescare un po’ l’aria ai piani alti del Pd. Per questo il segretario ha sfidato dirigenti e parlamentari, confermando che deputati e senatori saranno scelti con le primarie. «Noi giochiamo all’attacco», spiega la filosofia il vicesegretario Enrico Letta. Nichi Vendola ha raccolto il guanto e annunciato che Sel farà  le primarie nello stesso giorno. Si voterà  a ridosso di Capodanno, il 29 e 30 dicembre.
«È uno sforzo al limite dell’impossibile», ma Bersani sa che chiamare i cittadini a scegliere i parlamentari può togliere voti a Grillo e fare da traino alle politiche. E così sfida i capicorrente, esponendosi a critiche e bucce di banana. I detrattori insinuano che il candidato premier, non essendosi battuto più di tanto per modificare il Porcellum, apra alla partecipazione per lavarsi la coscienza. Ma Arturo Parisi, uno che non gli ha mai risparmiato i suoi strali, approva la «scelta coraggiosa». Di diverso tenore la reazione di Beppe Fioroni. L’ex ministro, che ha superato il tetto dei 15 anni di seggio, è pronto a sottoporsi al giudizio degli elettori se saranno «primarie aperte e vere», ma chiede al leader un chiarimento urgente sul tema delle alleanze: «Ogni volta che ascolto le parole di Vendola mi preoccupo» avverte Fioroni, che ha ripreso a guardare al centro e a dialogare con Casini.
La reazione (ufficiale) di Matteo Renzi, il quale aspira a portare in Parlamento una pattuglia di amici, è positiva. Il portavoce Marco Agnoletti giudica «non felicissima» la data di fine anno però accoglie le primarie come «la scelta giusta, persino inevitabile». Eppure Roberto Reggi, braccio destro di Renzi, parlando con il Corriere è durissimo: «Regole deleterie, studiate per favorire qualcuno e fermare la partecipazione». Lei si candida? «Con queste regole, no. Se devi pregare in cinese per partecipare, diventa una forma di nomina indiretta». Lunedì la Direzione del Pd voterà  il regolamento, sarà  scontro? «Io me lo auguro». La sensazione è che Reggi dica quel che Renzi pensa. Di certo il sindaco è deluso di non essere stato coinvolto da Bersani e, con i suoi, non ha nascosto la preoccupazione per le nuove regole.
Anche Massimo D’Alema nutre forti dubbi. Parlando con alcuni deputati il presidente del Copasir disegna uno scenario poco rassicurante: cosa succede se i candidati esclusi per un soffio dalle liste fanno ricorso alla magistratura? E se la sentenza arriva a Parlamento insediato, non c’è il rischio che i «detronizzati» facciano a loro volta ricorso? Sarebbe il caos. Walter Veltroni ha accolto la notizia con scetticismo. «Le primarie sono una tappa — spiega Walter Verini —. Non possono essere il lavacro o il trofeo in attesa di una riforma dei partiti». Ed Ermete Realacci teme che «si favorisca solo l’apparato». L’agitazione è grande, le incertezze molte… Sono candidabili sindaci, presidenti di provincia e presidenti di Regione? E chi entrerà  nella «quota nazionale»? I «giovani turchi» Matteo Orfini e Stefano Fassina hanno chiesto che tutto il gruppo dirigente passi per le forche caudine, ma Bersani ha detto no. Il leader vuole una riserva protetta, per garantire «competenze» di cui il Pd non può privarsi. Ma se il listino del segretario, oltre a schierare i 47 capilista, finisse per diventare una gabbia dorata di «fedelissimi»?
Tra i parlamentari è allarme rosso. C’è chi teme una «ordalia» e chi prevede una «guerra fratricida, che lascerà  molti feriti sul campo». Il regolamento è ancora tutto da scrivere, come da decidere è il criterio con cui saranno concesse (o negate) le deroghe a quanti, come Rosy Bindi, ne faranno richiesta. Per ora si sa è che i candidati (uomini e donne in egual numero) saranno scelti dagli iscritti e dagli elettori progressisti, che hanno partecipato alle primarie del 25 novembre. Uno dei problemi è che l’autocandidatura non è consentita… Per partecipare servirà  il via libera degli organismi provinciali e toccherà  passare attraverso una raccolta di firme.
Monica Guerzoni


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