Abu Mazen in trionfo a Ramallah “Ora riconciliazione tra i palestinesi”
GERUSALEMME — «Adesso abbiamo uno Stato e un giorno un nostro giovane sventolerà la bandiera palestinese su Gerusalemme, capitale eterna del popolo palestinese», la voce di Abu Mazen si diffonde sulla spianata della Muqata. Il complesso a Ramallah che ospita la presidenza palestinese ha aperto ieri mattina i suoi cancelli alla pacifica invasione di migliaia di palestinesi venuti a festeggiare il più grande successo diplomatico di Abu Mazen, portato avanti con convinzione in questi anni nonostante le formidabili pressioni che ha subìto. È un ritorno trionfale quello da New York, dove l’Assemblea generale dell’Onu ha riconosciuto la Palestina “Stato osservatore
non membro”, le bandiere dei 138 Stati che hanno votato “sì” sventolano assieme a quelle palestinesi, mentre il presidente galvanizza la sua gente. La folla urla «Abu Mazen! Abu Mazen!», chi innalza le fotografie del presidente, chi quelle del raìs mai dimenticato, Yasser Arafat. È a lui che Abu Mazen dedica questa vittoria, deponendo una corona nel Mausoleo che è a fianco della Muqata, dove il corpo del raìs palestinese è stato da poco inumato una seconda volta dopo l’autopsia che dovrebbe chiarire i misteri sulla sua morte. «La Palestina ha ottenuto uno storico traguardo all’Onu e voi, uomini e donne della Palestina, siete parte di questo risultato. Il mondo ha detto sì alla libertà e l’indipendenza della Palestina e no all’occupazione», ha detto Abu Mazen commosso. La speranza del presidente è che questa vittoria aiuti «la riconciliazione nazionale». «Nei prossimi giorni – ha aggiunto – verranno fatti dei passi per la riunificazione di tutte le fazioni palestinesi». Ma da Gaza, dove da cinque anni governa nemmeno una telefonata.
Solo un’ora prima si era conclusa a meno di venti chilometri di distanza a Gerusalemme l’abituale riunione domenicale del governo israeliano. Il primo ministro
Hamas, non è arrivata Benjamin Netanyahu ha confermato l’intenzione del governo di costruire 3.000 nuovi alloggi nella Cisgiordania occupata e a Gerusalemme Est in rappresaglia all’iniziativa palestinese all’Onu. «Oggi costruiamo e continueremo a costruire a Gerusalemme e in tutti i posti che figurano sulla mappa degli interessi strategici dello stato di Israele», ha annunciato il premier, che ha subìto in meno di due settimane due smacchi, la guerra di Gaza e la sconfitta all’Onu. Le costruzioni previste riguardano la zona “E1”, un’area particolarmente delicata, perché si trova fra Gerusalemme e l’insediamento di Maale Adumim lungo la strada che scende verso la valle del Giordano, dove Israele si era impegnato con gli Stati Uniti a non costruire. Il progetto, che crea una contiguità territoriale fra Maale Adumim — dove abitano 39.000 coloni — e i quartieri di colonizzazione di Gerusalemme Est — come Pisgaat Zev, dove già vivono 50.000 israeliani — compromette la fattibilità di un futuro Stato palestinese perché taglia la Cisgiordania in due.
Sempre ieri il ministro delle finanze israeliano, Yuval Steinitz, ha annunciato il blocco del trasferimento delle tasse doganali che Israele raccoglie per conto dell’Anp per le merci destinate alla Cisgiordania. Si tratta di più di 120 milioni di dollari al mese, senza i quali le disastrate casse dell’Anp non ce la fanno a pagare i dipendenti pubblici. Stati Uniti e Ue hanno vivamente sconsigliato a Netanyahu questa ritorsione, giudicandola negativa per un possibile dialogo futuro, ma Israele è un Paese in piena campagna elettorale per il voto di gennaio e il partito del premier ha negli insediamenti della Cisgiordania — oltre cinquecentomila abitanti divisi in 130 colonie — la sua
base elettorale.
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