by Sergio Segio | 9 Novembre 2012 12:23
Per loro, insomma, l’accusa di essere choosy, ossia schizzinosi, lanciata dal ministro del lavoro Elsa Fornero, sembra non valere. La prima chiara fotografia sull’occupazione dei giovani in Italia, l’ha scattata la Banca d’Italia. Nel suo rapporto sulle Economie regionali, ha riservato un approfondimento alloccupazione giovanile in Italia”[1].
Bankitalia, nel suo studio, ha voluto affrontare su una base scientifica proprio il tema lanciato dal ministro Fornero, quello della qualità del lavoro dei giovani diplomati e laureati[2]. L’occupazione, infatti, può non essere pienamente corrispondente agli skills posseduti. Esistono, spiega l’istituto centrale, degli indicatori in grado di misurare questo fenomeno. Si chiamano, tecnicamente, overeducation, undereducation e mismatch. I primi due misurano quante persone svolgono mansioni che richiedono, rispettivamente, competenze superiori o inferiori a quelle acquisite nel corso degli studi. Il mismatch, invece, segnala quanti lavoratori svolgono mansioni diverse da quelle per cui hanno studiato (questo indicatore si calcola solo per i laureati).
Il rapporto prende in considerazione, dunque, sia laureati che diplomati. Ma i dati più interessanti riguardano i primi. L’analisi è stata condotta sui giovani tra i 25 e i 34 anni in possesso di almeno una laurea triennale e per il periodo tra il 2009 e il 2011. Il dato generale dice che il tasso di occupazione in Italia[3] di questi giovani laureati è stato del 75,1%. Nello stesso periodo, spiega la Banca d’Italia, circa un quarto dei giovani occupati in possesso di una laurea, svolgeva un lavoro a bassa o nessuna qualifica. Un valore superiore a quello della Germania (circa il 18 per cento nel 2009), ma inferiore alla media francese (27 per cento).
Il tasso di overeducation è risultato più alto al Centro e nel Nord Est (rispettivamente il 29,7 per cento e il 26,3 per cento degli occupati laureati) e inferiore nel Nord Ovest (23,3 per cento) e nel Mezzogiorno (22,9 per cento). In tutte le aree, sottolinea la Banca d’Italia, il fenomeno dell’overeducation è più frequente tra gli occupati laureati nelle discilpline umanistiche (39 per cento) e nelle scienze sociali (34 per cento). I laureati in scienze mediche, in ingegneria e architettura, registrano (come è intuitivo) tassi di occupazione più alti e un tasso di overeducation più basso.
Per quanto riguarda l’altro fenomeno, quello del mismatch, in Italia nel triennio tra il 2009 e il 2011, il 32,3% dei giovani occupati in possesso di una laurea ha svolto mansioni che non riflettevano l’ambito tematico degli studi di provenienza. Anche in questo caso i valori più elevati sono stati registrati nel Centro e nel Nord Est, con percentuali rispettivamente del 35,5 e del 34,7 per cento). In tutte le aree il fenomeno, spiega lo studio della Banca d’Italia, è più marcato tra gli occupati in possesso di una laurea nelle discipline umanistiche, nelle scienze naturali (matematica, fisica, chimica) e nella categoria etichettata “altro”, che comprende laureati in scienze della formazione, agraria, veterinaria e servizi.
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