Un Ulisse che sta con i feriti dalla crisi senza demagogie

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PERCHà‰ la crisi sfugge alla normale amministrazione. È normale amministrazione anche quella che, riconoscendo e anzi accentuando la drammaticità  della crisi, s’ingegna a rincorrerne i disastri senza toccare la logica che l’ha causata. In una barca che fa acqua e va a fondo, chi usi un secchiello per svuotarla (tecnicamente: aggottare) può tutt’al più rinviare l’affondamento, non sventarlo. E’ quello che sta avvenendo in Europa col debito: governi, di banchieri o di politici, aggottano più o meno affannosamente, e la barca va a fondo. Dunque lei, che ha il pregio di non disdegnare i secchielli, e di usare volentieri l’espressione “un po’ ” — “si può fare un po’ meglio”, dice, come un riformista emiliano, e un po’ anche come lo scrivano Bartleby — affronterà  il dilemma della crisi: correre di qua e di là  a rattoppare le falle, o provare a convertire modi di lavoro, di consumo, di vita. Intanto, restituendo alla politica internazionale il primato che la finanza ha confiscato. Gli speculatori fischiettano l’Internazionale, gli sfruttati hanno dimenticato le parole. Il riscatto della politica non è il ritorno alla sovranità  degli stati nazionali umiliata dal rating.
Dipendiamo dal mondo intero, e possiamo fare che il mondo dipenda un po’ anche da noi. La nostra democrazia non è più una riserva privilegiata e al sicuro, da estendere o no ai territori ancora occupati dal dispotismo asiatico: la nostra democrazia ormai dipende dall’acquisto della democrazia altrui. La scelta di Nichi Vendola per l’europeismo federale e sociale di Altiero Spinelli e di Ernesto Rossi è la vera garanzia di una collaborazione, impossibile con la demagogia antieuropea accarezzata da Grillo e da nazionalismi di “estrema sinistra”.


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Dunque si comincerà  con tre ministeri, trasferiti da Roma Ladrona alla Villa reale di Monza. E magari nel frattempo la Lega Nord avrà  risolto quella marginale contraddizione che qualcuno gli ha ricordato domenica, scandendo a Pontida lo slogan «Se-ces-sio-ne!» .

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