“Umberto ora può accettare la sfida urne subito, aprile sarebbe troppo tardi”

by Sergio Segio | 11 Novembre 2012 9:19

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MILANO — Per la candidatura di Umberto Ambrosoli, Giuliano Pisapia si era speso in prima persona. E adesso che la corsa è partita, il sindaco di Milano rilancia la possibilità  che, con lui, il centrosinistra possa vincere dopo quasi un ventennio, ma anche primarie che guardino oltre i confini tradizionali della coalizione.
Sindaco, crede che quello di Ambrosoli sia il profilo giusto?
«In questi giorni, ho ascoltato tutti coloro che mi hanno chiesto un colloquio e hanno voluto confrontarsi con me, da Cavalli a Kustermann, da Ambrosoli a Pizzul. Certo, e voglio dirlo apertamente, considero la disponibilità  di Ambrosoli una ricchezza per la Lombardia e per quell’ampia coalizione che può dare una svolta decisiva a una Regione fondamentale per lo sviluppo del Paese».
Eppure, il percorso sembra essersi complicato: le primarie rischiano di saltare e la pancia dell’elettorato sta protestando. Le ritiene ancora necessarie?
«I candidati mi hanno tutti detto che, nel caso di una candidatura di Ambrosoli, si sarebbero ritirati. Detto questo, ho sempre sostenuto che le primarie sono importanti per scegliere il candidato migliore, quello che può avere il maggior numero di consensi nella vera sfida elettorale. Quelle lombarde sono indette da tre partiti, Pd, Sel e Idv e, finora, i candidati erano tutti iscritti a partiti. Nel momento in cui ci sono altre candidature, come Ambrosoli e Andrea Di Stefano che parlano a mondi diversi, credo che chiunque dovrebbe riflettere. Si è aperta un’occasione per ampliare il consenso, la partecipazione, e la possibilità  di successo è diventata
ancora più concreta».
Quindi è necessario andare avanti con il percorso avviato?
«Faccio il sindaco di Milano e mi occupo dei problemi e dei bisogni di Milano. Non sono io a dover decidere, ma il senso di responsabilità  mi fa dire che nell’interesse di un reale passaggio democratico è opportuno valutare se si possono fare, come credo sia possibile, primarie più ampie, allargando a forze e persone che non rappresentano solo i partiti».
Una candidatura di Ambrosoli senza primarie rischierebbe di far perdere l’entusiasmo della gente?
«Quando gli elettori diventano protagonisti, la partecipazione e l’impegno individuale e collettivo aumentano. Significa avere maggiori energie che, poi, si mobiliteranno sul territorio. Le primarie, se fatte bene, sui contenuti, e non con la conflittualità  che purtroppo sta nascendo, sono solo una ricchezza».
È un consiglio che vorrebbe dare ad Ambrosoli, quindi?
«Chi le dice non lo abbia già  fatto? ».
Potrebbe accettare questa ipotesi di “primarie aperte”?
«Ambrosoli è una persona intelligente, molto riflessiva. Ritengo che anche i dubbi che ha avuto non siano un segnale di debolezza, ma di responsabilità , consapevolezza e generosità ».
I candidati hanno voluto parlare con lei, quasi cercando il “sigillo” di chi ha vinto nella ex capitale del berlusconismo e della Lega. Si sente in qualche modo il “deus ex machina” della candidatura di Ambrosoli?
«No, assolutamente. Ho voluto sentire, ascoltare e dare il mio contributo perché, da sindaco, credo che in un periodo di crisi come questo, la possibilità  di dare risposte ai cittadini dipenderà  anche se non soprattutto dal rapporto di collaborazione, unità  e intenti con la Regione. Vivo questo mio impegno come un dovere istituzionale e politico anche se non credo che la Lombardia debba essere milanocentrica».
La figura dell’avvocato apre anche a un’alleanza tra sinistra e Udc: è un percorso che crede obbligato anche a livello nazionale?
«Sarebbe miope fermarsi alle alleanze tra partiti. Quello che serve è allargare la partecipazione e il consenso».
C’è il rischio che le candidature di Ambrosoli e Albertini siano in qualche modo speculari?
«Pur nel rispetto della persona, non credo che Albertini possa rappresentare il cambiamento. Basterebbe guardare a chi ha prima sponsorizzato e poi gioito per la sua candidatura: l’abbraccio di Roberto Formigoni esclude la possibilità  di una discontinuità  reale».
Da dove dovrebbe partire questo cambiamento, in Lombardia?
«Trasparenza, legalità , lavoro, sanità , infrastrutture. Ripartire da qui significa far ripartire tutti gli enti locale e dare risposte alle aspettative e ai bisogni delle persone ».
Che cosa pensa, invece, di un election day ad aprile?
«Sarebbe inaccettabile che in Lombardia e nel Lazio possa continuare a governare e a fare disastri chi ha governato fino a ora. I danni sarebbero incalcolabili e lo vediamo dalle delibere firmate in queste settimane o dalle nomine fatte da giunte che non hanno più il consenso. Anche solo ipotizzare che si possa continuare così sarebbe uno scempio della democrazia e uno scippo della volontà  dei cittadini. Il governo deve intervenire assumendosi le sue responsabilità ».

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