Tutti gli amici italiani di Xi, il futuro leader cinese
Un pò di più negli Stati Uniti, ma in Occidente si sa poco dell’uomo che nei prossimi dieci anni giocherà un ruolo centrale nella politica mondiale. Se dobbiamo seguire la consuetudine diplomatica secondo la quale «quando due leader si sono incontrati tre volte sono da considerare amici», c’è da ritenere che l’ex ministro dell’Economia italiano sia tra i maggiori suoi conoscitori: negli scorsi tre anni l’ha incontrato tre volte. Interessante, dal momento che nel mondo oggi tutti si chiedono chi sia il nuovo leader Xi Jinping.
È noto che i maggiori rapporti tra Cina ed Europa passano per la Germania di Angela Merkel. L’interesse della politica e dell’accademia cinesi per l’Italia, però, è altissimo, soprattutto per l’importanza che a Pechino si dà alla storia: Marco Polo, Matteo Ricci e la storia bi-millenaria della Penisola sono considerati legami e tratti comuni che non possono essere trascurati. Lo hanno sperimentato negli anni scorsi Cesare Romiti, il pioniere italiano alla scoperta della Cina del Ventunesimo Secolo; Romano Prodi, in politica e, negli ultimi anni, anche sul versante commerciale; e, seppur meno di recente, Gianni De Michelis. E’ probabilmente per questa attenzione all’Italia e per i libri controcorrente che Tremonti aveva dedicato al rapporto tra Occidente e Cina che l’allora ministro dell’Economia nel novembre 2009 fu invitato a tenere una lezione alla Scuola centrale del Partito comunista a Pechino (come intellettuale, non in rappresentanza del governo). A dirigere la Scuola era proprio Xi (allora già designato a succedere a Hu Jintao), che il giorno dopo volle, inaspettatamente, incontrare Tremonti per un lungo colloquio nella sede centrale del Pcc, sulla Piazza Tienanmen.
Di quel colloquio, Tremonti sottolinea l’interesse di Xi per l’Europa. «Fu molto apprezzato il mio insistere sull’immagine del tavolo che con due gambe non può stare in piedi — dice Tremonti —. Il rapporto forte, nel mondo, non può essere solo tra Pechino e Washington ma deve comprendere l’Europa. I cinesi sono estremamente sensibili a questa argomentazione». E alla conseguenza che ne deriva: che cioè serve «una rotazione dell’attenzione dell’Europa dalla relazione atlantica verso una relazione anche con l’Asia, la terza gamba».
Dall’incontro tra Xi e Tremonti è poi nato l’Aspen China-Europe-Us Trialogue, un forum trilaterale degli istituti Aspen di America ed Europa e della Scuola centrale del Partito comunista cinese, del quale una forza trainante è stata l’italiana Marta Dassù, oggi sottosegretario agli Esteri, e che funziona con la collaborazione della Fondazione Italia-Cina presieduta da Romiti. Dopo di allora, Tremonti ha ricevuto Xi a Fiumicino, in arrivo per una visita a Roma il 2 giugno 2011, e il giorno dopo lo ha accompagnato a Milano.
Il nuovo leader cinese assume la guida del partito in una fase delicatissima, in politica come in economia. Gli stessi dati positivi sulla crescita pubblicati nei giorni scorsi non possono nascondere la preoccupazione — secondo numerosi osservatori il «terrore» — di Pechino per le sfide che il cambiamento dei modelli economico e politico, necessari, comporteranno nei prossimi anni. Xi, che ha una lunga esperienza di rapporti con gli investitori internazionali, è probabilmente una delle figure più preparate — e con il miglior network interno al partito — per muovere la rotta dell’enorme transatlantico cinese. Anche con un interesse particolare verso l’Europa. Tremonti non esclude che ce la possa fare. «Al di là della corruzione e dei privilegi — dice — l’idea dominante ai vertici di Pechino ruota attorno alla missione: fare il bene comune, il vero elemento che in Cina tiene tutto assieme». Xi, la faccia buona della dittatura?
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